Lo sviluppo industriale dell’agricoltura ha fortemente ridotto le varietà vegetali che sono coltivate. Per esempio oggi in tutta Europa si utilizzano solo sette o otto varietà di grano, rispetto alle centinaia che sarebbero disponibili. Gli agricoltori biologici hanno bisogno di attingere a questa enorme varietà per selezionare le sementi più adatte ai loro metodi colturali e alle condizioni specifiche della loro azienda. Per questo ci sono aziende che partecipano alle ricerche scientifiche che vanno in questa direzione. Ne parliamo con Rosario Floriddia, uno dei titolari dell’Azienda Agricola Bio Floriddia Giovanni, in provincia di Pisa
L’azienda, a Peccioli (Pisa), è stata messa su dai genitori negli anni Cinquanta, poi sono subentrati i figli, Rosario e Giovanni che dal 1987 l’hanno convertita all’agricoltura biologica. E’ nata così l’Azienda Agricola Bio Floriddia Giovanni. Formalmente le aziende sono due - in una ci sono campi e mulino a pietra, nell’altra altri campi, pani-pastificio e negozio - ma agiscono come una sola che copre la filiera completa dei cereali: dalla coltivazione, alla produzione di farine, pane, pasta e prodotti da forno. I 270 ettari di seminativi sono coltivati a grano tenero e duro, farro, orzo, avena, miglio e legumi da alimentazione umana. Per le rotazioni seminano leguminose da foraggio che vendono ad aziende vicine. Circa il 90% della produzione cerealicola (2000-2500 quintali) è trasformata in azienda, metà in farina e metà in pane, pasta e prodotti da forno. I loro clienti sono per lo più piccoli fornai di mezza Toscana, gruppi d’acquisto e persone che comperano nella bottega aziendale e tramite internet. Da quattro anni partecipano ai progetti di ricerca per la selezione di varietà antiche di cereali promossi dai genetisti Salvatore Ceccarelli e Stefano Benedettelli e ai quali partecipano anche il professor Mario Macchia e l’agronomo dottor Giovanni Cerretelli.
Da cosa nasce la spinta alla ricerca di nuove varietà di cereali?
In agricoltura convenzionale con sette o otto varietà si semina il grano di tutta l’Europa. L’agricoltore compra un pacchetto che include le sementi, il fertilizzante, i pesticidi e altro che garantisce certi risultati produttivi ma che ha impoverito la biodiversità e anche la qualità del grano. Nella selezione, infatti, si è tenuto conto solo degli aspetti produttivi, tecnologici e non di quelli nutrizionali. Il risultato è duplice: l’agricoltore ha perso la proprietà del seme e del suo mestiere, allo stesso tempo il glutine di questi nuovi grani hanno creato problemi di digestione, di intolleranze e di allergie. Da qui nasce la spinta a nuove ricerche a partire dalle varietà antiche.
Quali sono gli obiettivi di queste ricerche?
Le ricerche cui la nostra azienda partecipa, insieme ad altre, hanno come obiettivo selezionare delle varietà di cereali che siano adatte all’uso in agricoltura biologica nelle diverse condizioni climatiche, di suolo ecc. della nostra penisola e che allo stesso tempo recuperino le qualità nutrizionali delle varietà antiche. Il punto di partenza di queste ricerche, infatti, sono le antiche varietà conservate, ma anche confinate, nelle banche genetiche delle Università che ora ritrovano la via dei campi. Naturalmente non basta riprendere queste antiche varietà e seminarle tal quali ci vuole appunto una ricerca che consenta di individuare le varietà più adatte, che esaltino le qualità e riduca gli eventuali difetti.
Ma perché si parla di “ricerca partecipata” o di “selezione partecipata”?
Prendiamo per esempio la ricerca coordinata dal professor Ceccarelli, denominata Solibam. Si tratta di un progetto finanziato dall'UE, Aiab è il partner italiano e partecipano aziende della sua rete dislocate in tutta Italia (Toscana, Friuli, Emilia Romagna, Piemonte, Sicilia, Puglia…). In ogni azienda si fanno tre “parcelloni” di circa 1,5 per 30 metri, una per il grano tenero, una per il grano duro, una per l’orzo. In ciascuna si semina un miscuglio di un migliaio di varietà di ogni specie e la coltivazione avviene con il metodo dell’agricoltura biologica. Al momento della raccolta è l’agricoltore che sceglie le spighe che a suo parere sono le meglio riuscite e per ciascuna spiga nel prossimo Autunno seminerà i chicchi in file ben distinte. Alla raccolta si fa una nuova selezione e via via si aumenta lo spazio dedicato alle varietà scelte fino ad avere abbastanza seme da seminare in campo aperto e raccogliere con la mietitrebbia. In questo modo in 4-5 anni l’agricoltore può arrivare a mettere a punto una varietà che sicuramente non va bene in tutta Europa come quelle attuali ma che è più adatta alla coltivazione sui suoi terreni e con il metodo dell’agricoltura biologica. In parallelo l’agricoltore può riprodurre il “mescolone” (o di grani duri, o di grani teneri o di orzi) e negli anni noterà la perdita di alcune varietà dal miscuglio, la perdita di vigore di altre, il maggior vigore in altre ancora. L’agricoltore ha, e avrà, davanti ai suoi occhi un’enorme biodiversità che si trasforma adattandosi a quel preciso habitat.
In questo senso dunque si parla di partecipazione dell’agricoltore…
Sì, nel senso che è lui che fa la selezione, guidato dai ricercatori di professione, ma a partire dalla condizione concreta della sua azienda. Un altro aspetto importantissimo della partecipazione è che lo stesso tipo di lavoro viene fatto in diverse aziende che operano in condizioni diverse e questo consente una circolazione delle esperienze e dei risultati straordinari. In questo modo l’agricoltore diventa di nuovo protagonista, reimpara e si riprende il suo mestiere.
Perché questo tipo di ricerca è particolarmente utile per chi fa agricoltura biologica?
Come abbiamo visto le sementi industriali sono adatte ovunque ma a condizione di essere accompagnate da quel pacchetto che include fertilizzanti e pesticidi chimici ecc. Però in agricoltura biologica si fa fatica a farli funzionare anche perché fertilizzanti e pesticidi chimici non sono consentiti. Le varietà selezionate localmente in conduzione biologica sono invece quelle che, in termini di esigenze nutrizionali, capacità di resistenza alle avversità, tempi di maturazione ecc., sono le più adatte in quel posto e danno i migliori risultati in quelle condizioni particolari.
Lei prima parlava anche dei problemi creati alla salute dalle moderne varietà di cereali…
E’ un aspetto di cui si occupa in particolare il professor Benedettelli che sta lavorando per trovare delle varietà di grano duro che mantengano le buone caratteristiche nutrizionali delle vecchie varietà ma che però perdano la tendenza all’allettamento, cioè a piegarsi al suolo con i problemi che questo comporta per la mietitura. Il professor Benedettelli studia anche le caratteristiche tecniche e nutrizionali delle varie farine e collabora con numerosi medici e nutrizionisti: insieme stanno ottenendo dei risultati incredibili. L’interesse per questo aspetto delle qualità nutrizionali di queste varietà è una delle ragioni che ci ha indotto a occuparci anche della trasformazione dei nostri raccolti. Così, coprendo l’intero processo produttivo, siamo sicuri di quello che offriamo e abbiamo la possibilità di verificare gli effetti positivi di questi prodotti sulla salute attraverso le testimonianze dei nostri clienti.
Voi non siete un’azienda sperimentale esclusivamente dedita alla ricerca, bensì un’azienda che produce per il mercato, questo non vi crea problemi?
Questa è la caratteristica sia dell’intera “Rete aziende sperimentali Aiab" sia della “Rete Semi Rurali” di cui faccio parte e ciò non crea problemi, al contrario partecipare ai progetti di ricerca di cui abbiamo parlato semmai i problemi ci aiuta a risolverli. Lo spazio che la ricerca ci “porta via” è veramente poco, le particelle sperimentali quest’anno per esempio non occupano più di mezzo ettaro. Il raccolto poi va in parte alle università che fanno le loro prove e il resto rimane a noi che con risemine successive arriviamo a produrre quantità della varietà prescelta che ci consente di andare in produzione in pieno campo. Un vantaggio molto concreto per noi è stato il fatto che, prima di partecipare a queste ricerche, noi coltivavamo solo due varietà di grano duro e una di farro, adesso coltiviamo una quindicina di varietà di grano tenero, cinque di grano duro, due di farro, due di avena, orzo, miglio, fieno greco e diversi legumi da granella e da foraggio. La biodiversità della nostra azienda così è aumentata di molto e anche quella dei nostri prodotti trasformati!