Rimane per me il farro come ho più volte scritto il cereale in chicchi di riferimento, il motivo è dovuto all’innamoramento immediato avvenuto al primo incontro quando dei cereali in chicchi, a parte il riso, non avevo grande consapevolezza.
Questo cereale ha una lunghissima storia e oggi è di questa che voglio brevemente parlare, negli ultimi decenni è tornato a splendere di luce propria, ma non bisogna dimenticare che per secoli era stato del tutto o quasi dimenticato.
Così una volta tornato a diffondersi, e oggi la sua presenza è praticamente totale trovandosi in ogni angolo del nostro paese, è sembrato qualcosa di totalmente nuovo.
Pensare che la sua comparsa ha preceduto la coltivazione del grano duro che poi nel tempo ne prese il posto, ma per i primi uomini e civiltà è stato il farro l’elemento catalizzatore delle diverse trasformazioni in cucina.
L’origine delle sue fortune si pensa sia stata la Palestina, e da questo primo nucleo attraverso gli scambi, il commercio, l’andare e venire delle popolazioni nomade è poi arrivato in Egitto.
In questa futura potenza e civiltà del mediterraneo il farro consolidò la sua fama di “grano buono” tanto che grandi quantità sono state rinvenute nelle tombe dei faraoni.
In Italia la presenza del farro si fa risalire al VII secolo AC, prima gli Etruschi e poi i Romani lo fecero diventare il companatico principale sotto diverse forme.
Etruschi e Romani quindi Italia centrale, qui il farro ha resistito nel corso dei secoli anche se quasi nascosto ai più, il grano nel frattempo era diventato la star assoluta della panificazione e produzione di pasta.
La sua resistenza in paesi e provincie di queste regioni fu dovuta all’uso continuativo come chicco, facile da conservare e pratico da cuocere e trasformare in molti manicaretti.
Poi per fortuna a un certo punto questo ottimo cereale ha ritrovato il suo ruolo anche in panificazione e oggi la sua farina ha una valenza molto precisa.
Ma di questo lieto fine vi parlerò in un prossimo post!!!