Quando si parla di cibo integrale immediatamente si pensa ai cereali, alle loro fibre, all’uso eccessivo delle farine raffinate e così via. Tutto giusto, ovviamente, però sarebbe più utile allargare il concetto anche agli altri alimenti vegetali. Perché troviamo sensato mettere a tavola una pasta di farina integrale condita ma scartiamo per abitudine le foglie e i torsi dei broccoli con i quali l’abbiamo condita? Oppure sbucciamo sempre la frutta anche quando non ce n’è bisogno? In un certo senso, è come se la cultura gastronomica nella quale siamo stati immersi, ci abbia indicato quali parti mangiare degli alimenti vegetali e quali scartare, anche se edibili. Obbedendo a logiche di cucina che però, alla luce delle continue scoperte della ricerca, sarebbe meglio rivedere, almeno in parte. Solo oggi sappiamo quanto siano importanti per la salute e una corretta alimentazione i diversi tipi di fibre, gli antiossidanti, i grassi buoni, le vitamine e i minerali. Tutte sostanze che spesso sono più concentrate proprio nelle parti “meno nobili” scartate, sia dei cereali che di frutta e verdura.
Verde, il colore della salute
Riprendendo l’esempio dei broccoli, la percentuale che finisce nella spazzatura supera il 50 per cento. Davvero troppo per una famiglia di ortaggi riconosciuta tra le più ricche di qualità salutari e protettive. Da cavoli e broccoli si eliminano normalmente le foglie esterne e dal verde più intenso, ma è proprio in queste che c’è la maggiore quantità di betacarotene, il precursore della vitamina A, tanto importante per l’efficienza delle difese immunitarie o la salute di pelle e occhi. Proprio come accade per le foglie più scure delle insalate come la lattuga che, rispetto al cuore tenero, risultano più ricche, oltre che di betacarotene anche di folati (una caratteristica tipica delle verdure color verde scuro). E nel verde intenso delle foglie esterne si attiva di più la clorofilla, dall’azione antiossidante e protettiva, ed è garantita la presenza del magnesio, minerale prezioso per il sistema nervoso. E poi, come nel caso della parte verde dei porri, persino un po’ di vitamina C. Un vero peccato gettarla via!
A proposito di chicchi
Le linee guida di sana alimentazione consigliano di ridurre la presenza dei cereali e delle loro farine raffinate a favore delle tipologie lasciate integre. Come ormai è stranoto, i chicchi integrali hanno una migliore composizione nutrizionale poiché durante la raffinazione, oltre alle fibre, le farine perdono l’importante patrimonio vitaminico (gruppo B, vitamina E), di minerali (ferro, calcio, magnesio, selenio e zinco ad esempio). Nonché di antiossidanti e di grassi “buoni” prevalentemente contenuti nel germe di grano, che viene scartato insieme alle fibre. Vale forse la pena ricordare, inoltre, che la ricerca scientifica ha dimostrato come il consumo regolare di cereali integrali nell’ambito di una dieta bilanciata può ridurre il rischio d’insorgenza di disturbi cardiaci, di tumore e di diabete di tipo 2, oltre a contribuire alla gestione del peso corporeo.
Tante virtù nelle bucce
Facciamo l’esempio delle mele: circa il 50 per cento delle fibre e gran parte degli antiossidanti contenuti in questi frutti, sono presenti nella buccia. Ne sono un esempio gli antociani, responsabili del colore rosso-violaceo della red delicious, annurca o gala. Le bucce delle mele gialle (golden, renette) contengono invece carotenoidi, antiossidanti noti per le loro attività protettive. Ma non solo: le fibre solubili contenute nelle bucce contribuiscono a migliorare la composizione del microbiota intestinale. E che dire della scorza degli agrumi? Per fortuna sempre più si trovano in commercio arance e limoni con la scorza edibile: converrebbe approfittarne. Infatti, sia nella parte esterna che in quella interna, bianca e un po’ spugnosa chiamata albedo, si trovano numerose sostanze protettive, come flavonoidi e antociani (anche in questo caso il colore delle bucce può influire) e poi svariati oli essenziali dalle proprietà benefiche e, ovviamente, fibre solubili.
Non tutte le fibre sono uguali
Con il nome generico di fibre vengono comprese molte sostanze diverse che sono state divise in due grandi gruppi: le solubili e le insolubili. Ma siccome gli alimenti sono una miscela di sostanze nutritive, spesso le contengono entrambe, sebbene in proporzioni diverse. Ad esempio i legumi, i frutti mangiati con la buccia e alcuni cereali come l’avena o l’orzo contengono più fibre solubili rispetto alle verdure a foglia verde o alla maggioranza dei cereali, che invece hanno più fibre insolubili. Ma qual è la differenza principale tra queste fibre una volta che le mangiamo? Semplificando, le fibre insolubili inglobano l’acqua al loro interno, favorendo così la peristalsi e il conseguente buon funzionamento intestinale e l’equilibrio della flora batterica. Mentre le fibre solubili hanno la caratteristica di assorbire l’acqua formando con gli altri alimenti una sorta di gel, di massa vischiosa che esercita degli effetti non solo locali ma anche a livello metabolico. É grazie a questo gel che si riducono i rialzi glicemici dopo i pasti o si controllano i livelli di colesterolo. Un’azione, quest’ultima, esercitata in particolare dalle fibre cosiddette viscose, ossia fibre solubili dotate di una particolare efficacia per contrastare i grassi nel sangue. Ma quali sono queste fibre? Alcune tra le più conosciute sono i betaglucani presenti nell’avena e nell’orzo e poi le pectine presenti in alcuni frutti e particolarmente abbondanti proprio nelle bucce delle mele e degli agrumi.
?