L'editoriale del direttore
Emozioni prima, cervello poi
Mentre intervistavo un nostro lettore d’eccezione, il maestro di alta cucina naturale Pietro Leemann, il discorso su cibo e emozioni è caduto su Ratatouille, celebre film Disney Pixar del 2007. In una delle scene finali, Anton Ego, critico gastronomico temuto da tutti i ristoratori parigini, assaggia questo semplice contorno di verdure stufate: immediatamente un ricordo d’infanzia affiora involontario in una sorta di violenta epifania proustiana, le emozioni lo travolgono e lascia cadere la sua penna nera. Il critico torvo e severo si scioglie in un sorriso commosso.
Il cibo tocca le emozioni prima, il cervello poi. Quando siamo di fronte a certi piatti, la bontà diventa quasi secondaria rispetto a quel particolare sapore o profumo collegato a un nostro piacevole passato. Ma uno chef può provocare con i suoi piatti questo misto di incanto e nostalgia?
Le emozioni legate al cibo sono strettamente personali: tutti noi amanti della cucina associamo emozioni anche profonde a diverse pietanze, spesso connesse a esperienze gustative di quando eravamo bambini.
Io, cresciuta a badilate di cicoria condita con olio e aceto di vino rosso fatto in casa, sono sommelier di insalata, e mi trasformo in Anton Ego ogni volta che vedo una ciotola di foglie verdi, con penna nera a seguito. Una cara amica è tossicodipendente da brioche, causa assidue colazioni dalla nobile zia con il pallino del croissant francese rigorosamente vuoto all’interno; un’altra è la Guida Michelin del latte vaccino, che considera una specie di salvavita psichico. C’è chi sente di non aver cenato se non ha avuto il suo sacro piatto di pasta, c’è chi come mio fratello vede una tavola imbandita di verdure e chiede: ok ma dov’è esattamente il cibo? C’è chi risolve una piccola crisi con latte e biscotti.
Il piatto entusiasmante, spesso, è in realtà un piatto che conosciamo da sempre. Nella storia recente dell’alta cucina, molti dei piatti più condivisi o desiderati firmati da grandi chef sono rivisitazioni creative di piatti estremamente semplici e tradizionali, come lo stellato “Di non solo pane vive l’uomo”, una deliziosa panzanella in sfera del nostro chef vegetariano Pietro Leemann, come la pasta in bianco da tre stelle Michelin di Mauro Uliassi e i paccheri al pomodoro di Da Vittorio, ristorante tristellato a Brusaporto.
E poi, c’è il racconto del piatto.
Conoscere la storia della ricetta e la provenienza degli ingredienti aumenta la ricchezza emotiva di quello che mangiamo. Il racconto del piatto e del menu è essenziale, come il racconto che fa questa rivista dalla prima all’ultima pagina, che non è mai una somma di servizi di cucina separati ma una storia che parte dalla spesa, va in cucina, finisce sulla tavola e poi sul nostro umore.
Chiara Fumagalli
Cucina Naturale di novembre è disponibile in edicola dal 24 ottobre (a 3,90 euro) o in abbonamento nella tradizionale versione cartacea, oppure nella versione digitale, per una comoda e immediata lettura e archiviazione su supporti digitali.