Incominciamo con il nome giusto che rispetta la dizione giapponese “kaki”, ossia il frutto prodotto dal Diospyros kaki. Perciò, al pari di quanto accade per il neozelandese kiwi (che nessuno chiama kiwo) anche questo frutto dovrebbe restare cachi, sia al singolare che al plurale. E in effetti anche il vocabolario Treccani dà cachi o kaki come voce principale e caco solo come variante popolare.
In autunno, grazie al suo sapore dolce e alle sue interessanti virtù nutrizionali, i cachi rappresentano una vera risorsa per la salute e un’ottima alternativa ai frutti più comuni. Originari dell’estremo Oriente, sono coltivati anche in Italia in diverse varietà. Grosso modo di dividono in due tipologie: quelli caratterizzati da una consistenza molto morbida, che risultano astringenti se non perfettamente maturi (tipo i loti di Romagna o i cachi vaniglia campani) e quelli dalla polpa consistente e croccante, meno tannici e comunemente noti come cachi mela, perfetti anche per essere inseriti nelle insalate miste.
Un cachi al giorno leva il cardiologo di torno?
Grazie a un ricco mix di antiossidanti come beta-carotene, flavonoidi, antociani e vitamina C, i cachi offrono un valido supporto per la salute cardiovascolare. Gli antiossidanti presenti aiutano a combattere i radicali liberi, proteggendo il cuore e riducendo il colesterolo cosiddetto cattivo (LDL). Addirittura, qualche anno fa è stato pubblicato uno studio sul Journal of Agricultural and Food Chemistry che per la prima volta ha messo a confronto cachi e mele, rivelando che i cachi contengono concentrazioni significativamente più alte di fibre alimentari, minerali, composti fenolici, tutti fondamentali nella lotta contro l’aterosclerosi, una delle principali cause di malattie cardiache, attacchi di cuore e ictus. In altre parole, un cachi al giorno dovrebbe essere più protettivo delle mele per le malattie cardiache e il popolare motto “una mela al giorno leva il medico di torno” dovrebbe valere anche per questo bel frutto arancione.
Una curiosità: le foglie del cachi sono state un rimedio della medicina tradizionale orientale, tanto che su uno studio pubblicato nel 2023 su HealthMED ha dimostrato che l’assunzione di un estratto di queste foglie ha determinato una riduzione statisticamente significativa della pressione sanguigna e del colesterolo.
Antiossidanti amici della vista e della pelle
Già da loro colore arancione è facile capire che questi frutti sono ricchissimi di carotenoidi e di beta-carotene, il precursore vegetale della vitamina A. Una porzione di 100 grammi fornisce il 32% del fabbisogno giornaliero di questa vitamina, essenziale per la produzione di rodopsina, una proteina che consente la visione in condizioni di scarsa luce. Inoltre, la vitamina A contribuisce a prevenire disturbi visivi come la cataratta. Non mancano nei cachi anche flavonoidi e particolari carotenoidi, come zeaxantina e luteina, che, grazie alla loro azione antiossidante, proteggono gli occhi e la retina dai danni cellulari causati dai radicali liberi e dagli stress dovuti ai raggi solari o alla luce troppo intensa.
L’azione sinergica della vitamina A e della vitamina C (presente in quantità diverse a seconda delle tipologie) rendono i cachi anche un valido alleato per la bellezza della pelle. Il loro consumo regolare può aiutare a ridurre i danni causati dai raggi UV e dai radicali liberi, rallentando così l’invecchiamento cutaneo e prevenendo la comparsa di rughe. Gli antiossidanti favoriscono un tono della pelle più uniforme e risultano utili nel contrastare arrossamenti, eczema e altre condizioni infiammatorie della pelle.