Marisa Laurito, attrice e conduttrice televisiva, unisce al piacere per il buon cibo la predilezione per alimenti sani, biologici, legati alle nostre antiche tradizioni gastronomiche. Sfatando, con la sua indole “godereccia”, il comune pregiudizio: o il gusto o la salute.
Fa simpatia solo a guardarla. È sempre allegra e positiva, tutto si può pensare di lei tranne che voglia rinunciare ai piaceri della tavola per questioni salutari o ideologiche. E infatti Marisa Laurito è l’incarnazione del fatto che mangiare sano e “giusto” debba essere anche fonte di piacere. Cosa che lei ha imparato da bambina, nella grande cucina della sua famiglia, dove armeggiava dall’alba al tramonto una formidabile squadra di cuochi provetti, composta da mamme, zie, nonne e nonni.
La cucina della tua infanzia non era dunque appannaggio della parte femminile della famiglia…
Assolutamente no. Mio nonno andava a pescare le alici e le metteva sotto sale, ne ho un ricordo straordinario. Preparava anche, per noi bambini, fantastiche merende a base di pane secco, noci e zucchero. La nonna, poi, era speciale nel fare il ragù, che iniziava a preparare all’alba della domenica. Ho un ricordo indelebile del suo profumo e di come questo cambiava con l’avanzare della cottura. E ancora il profumo della torta “Bilbolbul” che preparava la mia mamma e che mi accoglieva già all’imbocco delle scale rientrando da scuola: era una torta che aveva imparato a fare durante la guerra, di cioccolato, scura, e il cui nome voleva evocare paesaggi e volti africani. Era bello sentire quel profumo, che significava che qualcuno aveva pensato a te… Insomma, ho avuto un’educazione alimentare affettiva, serena e godereccia, che mi porto dietro tutt’ora.
E quando hai dovuto occuparti in prima persona della tua alimentazione?
Quando, molto giovane, sono uscita di casa per trasferirmi a Roma, passo inevitabile per proseguire la mia carriera di attrice, ho iniziato a occuparmi non solo della mia alimentazione, ma anche di quella di tutti i compagni della “comune” in cui vivevo: “Marisa, pensaci tu, che sei così brava”, dicevano. Non è che fossi poi così brava all’inizio, ma si fa di necessità virtù, e poi man mano si diventa virtuosi davvero! Soprattutto ero diventata una specialista nell’elaborazione creativa di piatti poveri, viste le scarse risorse economiche dei primi anni. Così si è sparsa la voce che a casa mia c’era sempre il focolare acceso e un piatto di minestra pronto per tutti i “pellegrini”. E sì, perché una delle molle che accendono la mia passione per la cucina è proprio quella di far sentire il calore e l’affetto alle persone che amo. Con il cibo si trasmettono sentimenti in modo diretto e senza bisogno di troppe parole.
A forza di cucinare sei diventata famosa e in poco tempo la tua fama è arrivata davvero lontano…
Cucinavo sempre per più persone, i miei pranzi natalizi erano diventati ormai famosi e così sono stata identificata come “esperta” di cucina, e in effetti lo sono anche diventata, con naturalezza e senza sforzi, perché cucinare mi è congeniale. Tanto che a un certo punto mi hanno chiesto di scrivere un libro di ricette che ho strutturato sotto forma di racconti, perché il cibo per me è un evocatore potentissimo di ricordi. Hanno poi iniziato a chiamarmi anche nelle trasmissioni di cucina e sono ora finalmente riuscita a farne una tutta mia, con lo scopo preciso di valorizzare la nostra meravigliosa cucina regionale.
Le statistiche hanno verificato che, nonostante la crisi economica, c’è un aumento dei consumi di cibi biologici del 6%: come lo spieghi?
Da una parte l’agricoltura biologica offre più garanzie in termini salutistici, e oggi le persone non hanno più certezze, sono impaurite da tutto, ad iniziare dall’inquinamento. Dall’altra i cibi bio sono più buoni e gratificano di più. E la gente forse inizia ad essere stanca di prodotti scadenti anche se a basso prezzo, perché quella che stiamo attraversando non è solo una crisi economica ma riguarda soprattutto la qualità della vita.
La necessità di ridurre lo spreco, anche del cibo, è un problema di cui si parla poco. Hai un suggerimento a questo proposito?
È un argomento che mi sta particolarmente a cuore perché è davvero vergognoso questo spreco generale. Oltre alla mia particolare attenzione a non buttare via nulla, mi piacerebbe fare qualcosa per sensibilizzare sempre più persone. Per esempio, i catering e i ristoranti dovrebbero mettersi d’accordo con enti di solidarietà che passino regolarmente a ritirare il cibo avanzato. In alcuni casi lo fanno già, ma dovrebbe essere un fenomeno decisamente più diffuso. Poi è necessario imparare a preparare il cibo nella giusta quantità, sia in famiglia sia nella ristorazione: assurdo, ad esempio, che i ristoranti ancor oggi allestiscano pranzi luculliani, con mille portate che poi non vengono consumate, ma solo esibite. È un invito che io faccio seriamente alla ristorazione. Alla base di tutto credo però ci sia l’insegnamento che si riceve in famiglia, come è stato per me: l’eticità del consumo e il rispetto per il cibo sono valori che vanno trasmessi fin dall’infanzia e che devono “vivere” nelle quotidiane abitudini di ciascuno di noi.