Carlo Cracco è certo uno degli chef più famosi in Italia. Salito alla ribalta con un fortunato format televisivo, è titolare di un blasonato ristorante milanese in cui esercita, con rigore, tutta la sua arte
Addio cuoco bonario e panciuto, tentatore che solleticava le nostre papille con leccornie di ogni genere, voluttuose ma micidiali per la nostra salute. Abbiamo avuto l’onore di intervistare molti dei più blasonati chef italiani constatando che sono ora molto più concentrati sul “togliere” piuttosto che soffocarci con valanghe di sapori e grassi. E a consacrare definitivamente questa tendenza, arriva Carlo Cracco, il ‘terrore’ di MasterChef (talent show dedicato alla cucina), e proprietario di un rinomato ristorante milanese.
Due stelle Michelin e tra i primi cinquanta ristoranti al mondo.Una sola critica, quella di essere troppo caro.
Spero che prima o poi si capisca che il costo elevato per mangiare in un ristorante come il mio non ha il fine di far arricchire i cuochi. Alle spalle c’è una struttura che deve sostenere costi altissimi, dal personale alle materie prime, che poi si ripercuotono inevitabilmente sul cliente. La qualità, il rispetto della tradizione hanno dei costi e credo sia necessario fare di tutto per preservarli.
Come ha fatto ad arrivare in vetta alla lista dei riconoscimenti?
Il mio percorso è iniziato a sedici anni, quando sono entrato alla scuola alberghiera. Sapevo più o meno cosa volevo fare, mi piaceva cucinare ed ero anche capace ma, diciamo, “l’illuminazione” l’ho avuta arrivando nella cucina del grande Gualtiero Marchesi in cui ho capito che, oltre a quello che avevo imparato, c’era tutto un mondo nuovo da scoprire, e ciò mi ha affascinato e spronato a continuare.
In cosa consiste questa rivoluzione “culinaria”?
La rivoluzione culinaria portata avanti da Marchesi consiste essenzialmente nel togliere tutti gli ingredienti che nascondono il sapore delle materie prime, a iniziare dall’onnipresente e ridondante “panna prosciutto piselli o panna e salmone”, tanto per intenderci. Tutte ricette frutto del benessere e dell’abbondanza, con l’aggiunta anche di ingredienti estranei alla cucina italiana tradizionale. Marchesi ha avuto il merito di riportare l’attenzione sulle materie prime.
Quanto hanno pesato in questo cambiamento culinario le motivazioni salutiste?
Sicuramente hanno avuto un peso molto forte. Se ora gli italiani mangiano meglio lo devono anche all’iniziativa di grandi cuochi che hanno saputo abbandonare la cucina annegata nel grasso e nel condimento. Le persone vanno guidate a capire i pericoli di un’alimentazione troppo ricca e a sceglierne una più essenziale, buona, leggera e conseguentemente salutare e questo incentivo deve arrivare anche da fonti autorevoli e ascoltate, come gli chef, così come deve passare il messaggio di rimettersi ai fornelli e riscoprirne le gioie, e anche le sfide
La sua è anche una cucina vegetariana?
Ormai sappiamo bene che mangiare troppa carne fa male alla salute e che pescare troppo pesce nuoce all’ambiente, perché andando avanti così i nostri mari si spopoleranno. Nella mia cucina si utilizzano tutti gli ingredienti, purché di qualità, e i cuochi amano molto valorizzare le verdure che sono un ingrediente versatile e molto interessante per creare piatti sempre nuovi.
Parliamo di spreco, un argomento che sta molto a cuore alla nostra rivista
Non sprecare è uno dei principi basilari del nostro ristorante e anche le famiglie dovrebbero abituarsi: bisogna capire che, quando si fa la spesa, si paga tutto e, se non si fa attenzione, si paga molto più quello che effettivamente si mangia. Ci vuole saggezza e rispetto quando si comprano i cibi e il coraggio di provare anche quelli considerati “poveri”, tipo i legumi, che non valorizziamo mai a sufficienza.
Sono aumentati gli iscritti agli istituti alberghieri: che cosa può dire a questi ragazzi?
Che la scuola serve per studiare e per farsi un’idea del mestiere, che rimane una professione assolutamente artigianale e si impara sul campo. Soprattutto un ragazzo appena entra nella cucina di un ristorante deve, con umiltà, mettere le mani dietro alla schiena e osservare con attenzione, sapendo che i primi compiti che gli verranno assegnati saranno umili e apparentemente poco gratificanti, come pulire e tagliare i cibi, ma fondamentali per intraprendere il nostro mestiere.
Poi vorrei far notare che le idee in cucina nascono pensando, riflettendo, provando e confrontandosi con gli altri. Anche io, ancor oggi, lavoro e progetto sempre in équipe.