Nei giorni scorsi la Camera dei Deputati ha discusso e approvato il testo del Ddl sulle “Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico”. Il provvedimento – che è stato approvato con 269 sì, nessun contrario e 57 astenuti - ora deve passare al Senato.
Di seguito, i commenti di Paolo Carnemolla, presidente di Federbio; Fabrizio Piva, amministratore delegato dell’organismo di certificazione CCPB; Cristiano Fini presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori di Modena.
La certificazione bio di Eataly e la prima pasta bio che sta per essere lanciata sul mercato italiano da Barilla, sono soltanto le ultime conversioni “illustri” che sottolineano il passaggio epocale in cui il settore biologico italiano sta entrando. Esordisce così Paolo Carnemolla, presidente di Federbio, in un articolo comparso su Terra è vita , il settimanale di Edagricole, intitolato «Il boom del biologico ha bisogno di decisioni»
Due casi emblematici: da punti di vista diversi e opposti Barilla e Farinetti (patron di Eataly) negli anni recenti avevano tentato strade alternative, con approcci alla sostenibilità e qualità alimentare che prescindessero dal bio e dalla certificazione.
Il biologico è l’unico settore agricolo e alimentare sostenibile normato e certificato dall’Unione europea. Anche le realtà produttive e distributive più resistenti hanno dovuto prenderne atto e ciò non è solo importante per il rafforzamento e la crescita del settore, ma è anche la definitiva dimostrazione che il mercato, quindi il consumatore, ha finalmente capito e scelto il bio. Anche in Italia.
Una scelta spontanea: non si ricorda infatti nessuna campagna istituzionale o mediatica (anzi, di biologico e biodinamico se ne parla quasi sempre male). Nessuna grande organizzazione agricola o del commercio che abbia benedetto accordi e progetti. Di fatto è stata assente anche la politica, ancora una volta sorpassata dalla realtà.
È il mercato, bellezza. In questo caso quello fatto da gente vera che si informa e decide per proprio conto e che facendo la spesa, dunque mangiando, compie “un atto agricolo”, come direbbe qualcuno, di recente arruolato altrove.
Ben venga quindi che – a più di un decennio dai primi tentativi – il Parlamento stia finalmente per chiudere l’iter di una legge sull’agricoltura biologica che, anche se ormai non ha più molto di rivoluzionario e innovativo da affermare, sancisca però in maniera inequivocabile il ruolo economico e sociale del biologico e consenta, attraverso il riconoscimento dell’organismo interprofessionale di settore, un significativo passo avanti nell’organizzazione del sistema biologico nazionale.
Crescere a due cifre sul mercato ormai da quasi 10 anni è cosa buona e giusta, tuttavia se il sistema organizzativo e di certificazione non si evolve rischia di incepparsi.
E alcuni segnali sono chiari, fra cui la crescita esponenziale dell’import di materie prime e la fatica con cui un sistema di certificazione vecchio e appesantito da burocrazia e sistemi informatici pubblici inefficienti cerca di prevenire le frodi.
Su questo versante nelle scorse settimane il Ministero agricolo ha cercato di accelerare l’attuazione della delega per la riforma della normativa sui controlli. Nel frattempo però l’Ue ha pubblicato il nuovo Regolamento sui controlli ufficiali per alimenti e mangimi, che dal 27 aprile di quest’anno comprende anche i prodotti biologici e quelli tipici a marchio Ue.
E poi c’è la questione della tracciabilità, fondamentale per stroncare sul nascere le frodi e che si vorrebbe imporre ovunque. Nel biologico però la tracciabilità esiste già per iniziativa di Accredia e degli organismi di certificazione associati a FederBio, ma si fatica a chiudere il cerchio con una collaborazione efficace con il sistema pubblico.
Speriamo dunque che la stagione dei congressi e delle primarie di partito chiuda presto, perché c’è estrema urgenza che il ministro Maurizio Martina torni “sul pezzo”, anche per le importanti decisioni che riguardano il biologico.
Uno dei pochi settori che non sente la crisi, ma che, per paradosso, rischia di subirla per eccesso di crescita incontrollata su di un corpo organizzativo e di mercato ormai superato.
Fabrizio Piva, amministratore delegato dell’organismo di certificazione CCPB, affida invece a un comunicato il suo apprezzamento per la prima approvazione del Testo Unico del biologico.
La Camera – si legge nel comunicato - ha dato il primo via libera al Testo Unico del biologico, la proposta di legge ora passerà al Senato. La legge si propone di rafforzare il settore produttivo del bio, fortemente in crescita in questi anni, dotandolo di strumenti innovativi e di risorse economiche.
“Il biologico ha bisogno di promozione, formazione e investimenti. Il testo unico soddisfa queste necessità” commenta Fabrizio Piva, amministratore delegato CCPB: “riteniamo positivo che il Parlamento tuteli e promuova con misure concrete un settore che sta ottenendo ottimi risultati per lo sviluppo dell’economia agroalimentare del nostro Paese e per la difesa dell’ambiente”.
Il testo ha avuto 269 sì, nessun contrario e 57 astenuti: “questo mostra la bontà del lavoro svolto finora in Commissione agricoltura – continua Piva – una legge così condivisa avrà la possibilità di essere più incisiva”. Sul sito web della Camera dei deputati sono pubblicati il testo completo del provvedimento e tutte le informazioni sul percorso parlamentare.
Come si legge nel testo la produzione agricola biologica sarà "attività di interesse nazionale con funzione sociale, in quanto attività economica basata, tra l'altro, sulla qualità dei prodotti, sulla sicurezza alimentare, sul benessere degli animali e sulla riduzione delle emissioni inquinanti". I 16 articoli approvati contengono norme sulla produzione agricola e agroalimentare, introducono il "Piano d'azione nazionale per l'agricoltura biologica" e uno specifico "Fondo per lo sviluppo" che comprende anche la formazione professionale e la nascita dei cosiddetti "distretti biologici". Resta fuori il sistema di controllo e certificazione, già regolato dalla normativa comunitaria Reg. CE 834/07 e Reg. CE 889/08.
Per Cristiano Fini presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori di Modena “L’approvazione del disegno di legge sul biologico avvenuta in aula a Montecitorio è un buon risultato: ora il settore può diventare più forte e potrà essere in grado di rimuovere i punti di debolezza del sistema e di potenziare quelli di forza”.
Cristiano Fini, presidente della Cia di Modena, - come si legge in un articolo su viaemilianet.it auspica che il buon risultato ottenuto alla Camera possa essere rapidamente confermato anche dal Senato. “Certamente è necessario un costante e attento lavoro di squadra tra istituzioni e rappresentanza economica per concretizzare l’ambizione della legge di far diventare la produzione biologica attività d’interesse nazionale con importante funzione sociale”, sottolinea Fini. L’agricoltura bio è in crescita anche nel modenese, un territorio che vanta 617 aziende complessive tra produzione e trasformazione, e una variazione del +7,3% sul 2015 (+16,4% sul 2014) e pari a quasi 13mila ettari di superficie. In base ai dati della Regione Emilia Romagna, inoltre, nei primi cinque mesi del 2016 le aziende agricole con produzione biologica dell’Emilia Romagna sono passate da 3.212 a 3.786. Le imprese che coltivano senza prodotti chimici, inoltre, sono più grandi di quelle tradizionali con una dimensione media di oltre 30 ettari contro i 14,5 della media regionale (dati censimento 2010).
In considerazione del fatto che la legge approvata dalla Camera opportunamente non prevede normative in materia di controlli dei prodotti, la Cia sollecita il Governo ad approvare il decreto legislativo sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica, riunendola in un unico testo di legge in attuazione della delega contenuta nella legge 154 del 2016. “Lo stesso Regolamento comunitario recentemente approvato – precisa Fini – mira a stabilire un quadro armonizzato a livello europeo per l’organizzazione di controlli ufficiali nell’intera filiera agroalimentare. La Cia – conclude Fini – attende che il nuovo decreto risolva, in primo luogo, le criticità riguardanti le relazioni tra Governo ed Ente di controllo e, in secondo luogo, si attui un sistema di coordinamento efficace fra l’autorità competente delegante e l’organismo di controllo, in grado di svolgere efficacemente sia l’attività di vigilanza che di prevenzione delle frodi e d’introdurre una reale semplificazione per tutto il sistema dell’agricoltura biologica”.