Lo sviluppo territoriale dell’agricoltura biologica (AB) – si legge nell’introduzione allo studio realizzato dalla Rete Rurale - è influenzato da numerosi fattori tra i quali giocano un ruolo rilevante gli incentivi comunitari erogati tramite i PSR sotto forma di pagamenti agroambientali. Come noto, questi incentivi hanno l’obiettivo di compensare gli agricoltori biologici per i maggiori costi e il mancato guadagno del metodo biologico rispetto al convenzionale, tuttavia, da più parti si sostiene che i pagamenti dovrebbero essere finalizzati a remunerare i beni e servizi di interesse collettivo che l’agricoltura biologica produce e che il mercato non è in grado di riconoscere. D’altra parte, l’attuale metodo di calcolo dei pagamenti non è in grado di valorizzare i benefici collettivi prodotti dalle attività biologiche per una serie di motivi, tra i quali:
- è riferito alla scala regionale ed è pertanto una media di tipologie produttive aziendali e territoriali molto differenti;
- molti dei benefici prodotti dal biologico non sono presi in considerazione, come, ad esempio, gli effetti positivi sulla fertilità dei terreni o sulla biodiversità agraria.
La conseguenza di queste ed altre limitazioni è che i pagamenti agro-ambientali non sono da soli in grado di stimolare uno sviluppo dell’AB coerente con le caratteristiche territoriali. Infatti, può accadere che in aree in cui il metodo biologico può contribuire a mitigare un problema ambientale, gli agricoltori non sono propensi a convertire le aziende in quanto il finanziamento non è sufficiente a compensare l’eventuale perdita di reddito rispetto alle coltivazioni convenzionali.
Sulla base di queste considerazioni è stata avviata, all’interno della Rete rurale nazionale, una attività che ha l’obiettivo di evidenziare queste discrepanze sul territorio, in maniera tale che il programmatore del PSR ne sia consapevole e valuti eventuali interventi correttivi. Questi aggiustamenti, che possono riguardare i pagamenti associati alle attività agricole e/o alle caratteristiche territoriali, non servono solo per aumentare la coerenza delle politiche ma soprattutto sono funzionali al miglioramento della loro capacità di produrre risultati misurabili in termini di sostenibilità e quindi della loro efficacia.
Per evidenziare le eventuali incoerenze nella diffusione territoriale del metodo biologico, le attività sono state articolate in due fasi: nella prima si è valutato, attraverso la letteratura scientifica e le attività dei dispositivi sperimentali del CREA, quali possono essere gli effetti misurabili del metodo biologico in direzione di una maggiore sostenibilità ambientale e sociale; una selezione degli indicatori individuati in questa prima fase sono stati analizzati nella seconda fase a livello territoriale su tutte le regioni italiane.
I risultati di queste attività sono stati raccolti e analizzati in questo documento che, rispetto al rapporto preliminare precedente, approfondisce l’impiego di alcuni strumenti di valutazione della sostenibilità aziendale e estende l’applicazione della metodologia di analisi spaziale all’intero territorio nazionale.
Il risultato atteso non è solo quello della valutazione della sostenibilità aziendale e territoriale, ma si intende anche esplicitare, e per quanto possibile oggettivare, il ruolo dell’agricoltura biologica per la mitigazione di alcune pressioni ambientali (es. biodiversità, qualità delle acque superficiali e profonde, erosione dei suoli, uso efficiente dell’acqua, riduzione dei gas a effetto serra e dell’ammoniaca, sequestro del carbonio, conservazione del paesaggio rurale). Questo risultato può infatti, da un lato, favorire la comprensione, da parte della collettività, delle molteplici finalità dell’AB e delle motivazioni che giustificano l’azione pubblica e, dall’altro, sollecitare gli agricoltori, a volte non adeguatamente informati, a compiere il passo della conversione al biologico.
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