Da qualche tempo si è sviluppata un’importante branca della gastroenterologia che studia gli effetti del microbiota intestinale sulla salute. Esistono, infatti, profonde interazioni tra il nostro organismo e quei 100.000 miliardi di batteri, virus, protozoi, funghi presenti normalmente nell’intestino. Il numero di queste forme di vita in simbiosi con noi è davvero enorme, ed enorme è la variabilità genetica che le contraddistingue, per un totale di quasi 1,2 Kg di “massa batterica”. Il microbiota è così importante perché svolge un altissimo numero di funzioni di alto significato metabolico: esercita un filtro importante per bloccare gli effetti tossici di molti alimenti (additivi, conservanti), mette in circola importanti peptidi e molecole segnale, protegge dalla tossicità dei metalli pesanti, difende la mucosa intestinale dagli “insulti” del cibo, stimola e modula il sistema immunitario, controlla la crescita di eventuali microrganismi patogeni producendo sostanze antibiotiche naturali, e infine produce neurotrasmettitori in grado di orientare il nostro organismo verso l’accumulo o il consumo. Purtroppo l’abitudine di trattare con antibiotici ogni individuo ai primi segni di infezione, magari virale, ha ridotto grandemente la varietà e la ricchezza della nostra vita intestinale. Questo abuso nei trattamenti (a cui va aggiunto l’abuso di antibiotici negli allevamenti) ha generato da un lato ceppi batterici resistenti agli antibiotici più diffusi, e dall’altro ha eliminato in modo permanente quella riserva naturale di batteri, rari ma importantissimi, che fornivano all’ecosistema intestinale il suo equilibrio. Entrambe queste conseguenze sono deleterie per l’essere umano che, oltre ad esporsi a gravi rischi (lo sviluppo di ceppi resistenti), non si rende conto di quanto l’utilizzo di antibiotici possa rallentare o anche bloccare il processo di dimagrimento.
Batteri detossificanti
Una funzione importantissima svolta dai nostri batteri è la detossificazione. Se pensiamo all’incredibile quantità di inquinanti (metalli pesanti, additivi e conservanti alimentari, veleni chimici, pesticidi agricoli) che inavvertitamente ingeriamo ogni giorno, è quasi sorprendente prendere atto del fatto che siamo ancora vivi. Una gran parte di questo merito la dobbiamo ai batteri intestinali. Un’enorme varietà di microrganismi garantisce la presenza di specie o di ceppi che sono in grado di utilizzare per il proprio nutrimento, coniugare e rendere innocue la maggior parte delle aggressive sostanze ingerite. In pratica i batteri assorbono la tossina, la usano per i propri scopi e poi la rimuovono. Altre volte la tossina, una volta resa innocua dal metabolismo batterico, può essere assimilata dal corpo senza più rischi. In entrambi i casi, dunque, i batteri detossificano l’organismo.
Stimolo al sistema immunitario
Le risposte del nostro sistema immunitario sono incentivate in modo naturale dalla presenza di un gran numero di batteri diversi, che devono essere riconosciuti, identificati come innocui o pericolosi, ed eventualmente tenuti sotto controllo perché non facciano danno. Quando i microrganismi sono numerosi, e di tante diverse specie, il sistema immunitario è impegnato a controllarli, e continua a stimolare l’attività delle cellule T-reg (T regolatrici), responsabili delle risposte di tolleranza nei confronti degli allergeni con cui il nostro corpo entra in contatto. Una buona attività delle cellule T-reg mantiene controllato il livello di reattività del sistema e lo protegge da risposte esagerate o incongrue come intolleranze alimentari, allergie e malattie autoimmuni. Recenti ricerche documentano con chiarezza come l’impoverimento del microbiota, quale ne sia la causa, predispone proprio a questo tipo di patologie: il rischio di asma è aumentato di tre volte se i bambini assumono antibiotici in tenera età e anche l’incidenza di morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa aumenta facendo uso di antibiotici così come la presenza di celiachia. Si tratta di dati che non possono essere ignorati. Chi conosce bene gli effetti di rallentamento del dimagrimento a causa di un’allergia o di una intolleranza può ben capire come un microbiota povero, esponendoci a queste patologie, possa bloccare il processo.
Batteri che fanno ingrassare
L’effetto più stupefacente nei confronti della tendenza all’ingrassamento si ha comunque quando si capisce l’azione della flora microbica sulle nostre scelte alimentari. I batteri non sono solo passivi utilizzatori del nostro intestino: interagiscono con esso per creare le condizioni più favorevoli al proprio sviluppo. La comprensione di questo fatto è di primaria importanza per capire in quale misura il microbiota possa influenzare il nostro metabolismo, l’appetito, e la tendenza all’accumulo o al consumo. I batteri usano ciò di cui dispongono (le proteine che assumiamo con il cibo) per produrre peptidi, sostanze in grado di agire come neurotrasmettitori e influenzare il nostro cervello a ricercare esattamente quegli alimenti che fanno gioco alle specie batteriche in oggetto. Da un lato vengono prodotti peptidi che inducono desiderio di cibi con le caratteristiche più appropriate (salati, zuccherati, amilacei, proteici), dall’altro peptidi (come ad esempio caseomorfine e glutinomorfine) in grado di interagire con i centri del piacere, stimolando così un desiderio specifico di consumo di quell’alimento. È necessario dunque guardare con rispetto a queste microscopiche vite che vivono dentro di noi. Lasciare a loro il bastone del comando può essere un grave errore, che può regalarci, come ricordo, un certo numero di chili di troppo.
Cosa mangiare per ripristinare l’equilibrio?
Chi si trova a dover lavorare su un microbiota alterato deve prima di tutto ripristinarne l’equilibrio, pur sapendo che qualche microrganismo raro si sarà irrimediabilmente perso nei vari cicli di antibiotici che ciascuno di noi ha subito nell’infanzia e che qualcuno continua a subire in età adulta. Vediamo dunque come interagire con il nostro intestino in modo da ripristinare quella ricchezza e varietà che da due milioni di anni accompagna le nostre funzioni vitali.
La prima cosa da fare è incominciare ad assumere fermenti, sia attraverso l’alimentazione che - in una prima fase - anche con integratori. Sul mercato ve ne sono di tutti i generi. La scelta dovrebbe essere guidata da alcune attenzioni. Prima di tutto la varietà delle specie presenti. Se i lattobacilli sono i carabinieri che fanno un po’ di pulizia, acidificando l’ambiente, servono poi anche i bifidobatteri, che organizzano il lavoro di gruppo e consentono ai lattobacilli di mantenersi sempre attivi. La difesa del nostro microbiota richiede una serie di abitudini quotidiane importanti, da aggiungere all’assunzione di fermenti probiotici e all’astensione dall’uso di antibiotici. È l’intero processo assimilativo e digestivo che deve essere protetto. A partire da una masticazione lunga e lenta, da un pranzare tranquillo senza stress. Ultimo, ma non di minore importanza, è la qualità di ciò che mangiamo. È qui che si gioca la partita più importante per la salute dell’intestino. Se mangiamo alimenti che favoriscono lo sviluppo delle specie a noi più utili, senza alcun dubbio avremo un microbiota che ci terrà magri, ci proteggerà da infezioni indesiderate, detossificherà i nostri cibi, favorirà una corretta assimilazione dei principi nutritivi, stimolerà correttamente il sistema immunitario. Se al contrario ci nutriremo ripetitivamente di pseudo-alimenti privi di fibra, raffinati, conservati, non ci sorprenderà il prendere atto del fatto che il nostro microbiota si sarà gradualmente alterato, favorendo quei microrganismi idonei ai cibi spazzatura, ben diversi da quelli che il nostro intestino ha ospitato, in natura, per due milioni di anni. Quali sono dunque i prebiotici che maggiormente favoriscono una flora microbica utile? Gli studi finora disponibili parlano di inulina, di fruttoligosaccaridi (Fos), cioè sostanze da noi poco o nulla digeribili, ma estremamente appetite proprio dalla flora microbica più utile, in grado di produrre molecole segnale (come l’acido butirrico). I Fos e l’inulina si trovano in molti frutti e verdure (e incredibilmente anche nel latte materno, proprio per favorire lo sviluppo dei simbionti più utili), in particolare nei topinambur, nei gambi di carciofo e in diverse parti dure, che spesso scartiamo, di alcune verdure. Le fibre indigeribili si trovano nei legumi (piselli, fagioli, ceci, lenticchie), nei semi oleosi (noci, nocciole, mandorle, lino, sesamo) e nei cereali integrali, oltre che nelle parti più dure (gambi, bucce, semi) di frutta e verdura. Non c’è però solo la fibra a nutrire il microbiota. Ci sono anche i grassi, che devono essere naturali e variati tra saturi (animali), monoinsaturi (oliva) e polinsaturi (pesce, semi oleosi) e proteine della più ampia varietà e provenienza. Inoltre, l’assunzione diretta di lattobacilli e bifidobatteri attraverso lo yogurt naturale da latte intero biologico rappresenta una salutare abitudine (anche solo un cucchiaio nel latte di riso o di soia per chi ha sensibilità ai latticini). Dannosi, invece, per il microbiota sono gli alimenti raffinati (pane, pasta, riso, farine 00), lo zucchero in tutte le sue forme (bianco, di canna, sciroppo, malto), i grassi idrogenati o alterati (margarine, oli industriali, fritti).