Una guida pratica
Farine: come orientarsi tra le tante varietà in commercio


Sono veramente tante le tipologie di farine in vendita. Anche i più esperti in cucina faticano a orientarsi tra miscele, farine arricchite, i tipi “senza”… Addentriamoci allora tra le tante possibilità di scelta, anche per comprendere i nuovi trend

Un tempo piaceva bianca e fine. Oggi, invece, viene apprezzata anche (e spesso soprattutto) se è scura e “ruvida”. È una curiosa parabola quella della farina, che racconta come sono cambiati i gusti e le esigenze alimentari degli italiani, ma anche come l’innovazione sia riuscita a recuperare e migliorare la lunga tradizione molitoria del nostro Paese.

Dal bianco al nero

La farina più ricercata è sempre stata quella bianca, ossia quella ricavata dalla macinazione di una sola parte del grano tenero: l’endosperma, la frazione più interna del chicco. Escludendo le altre due parti della cariosside (germe e crusca), viene anche definita “raffinata”. Il grado di raffinazione è, dunque, il primo parametro di classificazione delle farine, ed è indicato su ogni confezione: la più raffinata è la farina 00, seguono i tipi 0, 1 e 2, infine, quella integrale. Ma se si prende in considerazione l’altro parametro usato per classificare questo alimento, ossia quanta parte del chicco è stata trasformata in farina (il cosiddetto abburattamento), allora la classifica si capovolge: al primo posto c’è la farina integrale, perché si usa l’intero chicco, e all’ultimo scende la farina 00, perché è ricavata solo dall’endosperma. Esistono due tipi di farine integrali: quelle ottenute macinando il chicco intero, nelle macine tradizionali (e che, quindi, contengono anche la crusca e il germe) e quelle “ricostruite”, ossia realizzate miscelando farina raffinata 00, ottenuta con la più diffusa ed efficiente macinazione a cilindri, con cruschello e tritello, la parte più esterna di rivestimento del chicco. Per legge entrambe si possono definire integrali ma a livello nutrizionale sono prodotti ben diversi. La vera farina integrale è più ricca di proteine e oli. Però, se non è biologica, è anche potenzialmente più soggetta a contaminazione da residui di sostanze chimiche rimaste sulla parte esterna del chicco.

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Il significato della forza

Negli ultimi tempi le farine sono state giudicate anche in base alla loro forza, ossia alla capacità di incorporare l’acqua e trattenere l’anidride carbonica prodotta dai lieviti, in modo da garantire la migliore lievitazione. Una proprietà che si basa su quantità e qualità delle proteine contenute nelle farine: sono queste molecole che, una volta miscelate con acqua e sottoposte all’azione meccanica dell’impastatura, formano la rete del glutine, che assorbe i liquidi e ingabbia l’anidride carbonica, facendo così gonfiare l’impasto. Più la farina è forte, più assorbe acqua rendendo l’impasto più resistente e tenace, ed evitando che si sgonfi. La farina di forza per eccellenza è la manitoba: deriva il suo nome dalla regione del Canada dalla quale inizialmente proveniva questo frumento, che oggi viene coltivato in molti altri Paesi, Italia compresa. La forza di una farina si misura in W (lettera che sta per work) su una scala che va da valori inferiori a 90W per le farine più deboli sino ai 400W per quelle più forti (il W è spesso indicato in etichetta). Ciò non significa però che una farina più forte sia sempre la scelta migliore (ad esempio, è controindicata per pizze basse e croccanti) o di maggior qualità. La legge consente, infatti, a fine molitura, di aggiungere alle farine degli additivi (come proteine o enzimi) oppure altre parti del frumento (come crusca o germe di grano), se si ritiene che sia necessario renderle più forti e performanti, oppure per rispettare i parametri di legge o mantenere lo standard garantito dalla marca.

Preparati e miscele

Tutti vogliamo (o dobbiamo) cucinare a casa. E tutti (o quasi) abbiamo poco tempo per farlo. Questi prodotti sono nati per aiutarci perché sono formulati in modo da velocizzare la realizzazione di molte ricette e garantire, comunque, un buon risultato in tavola. L’offerta in commercio è molto ampia e diversificata, ma di solito la base è un mix sapiente di farine di grano tenero, lieviti (come quello di birra e quello madre) e additivi (come l’amido di frumento, che dà impasti soffici e friabili), combinati in funzione del tipo di ricette a cui saranno destinate. Queste formulazioni evolvono piuttosto in fretta, per rimanere agganciati ai “desiderata” dei consumatori: ad esempio, ora contengono più fibre o proteine, e sono arricchite spesso con semi, apprezzati per il gusto e il valore nutrizionale. Ce ne sono davvero per tutte le esigenze (compresa l’assenza di glutine). Per usarle al meglio, si va sul sicuro seguendo le istruzioni presenti sulle confezioni.

Avanti con le novità

Le ultime tendenze nel mondo delle farine mettono l’accento sui processi utilizzati nella lavorazione. Come la lenta tostatura del germe di grano e della crusca, che permette al calore di distribuirsi in modo omogeneo, portando a una cottura uniforme e alla conservazione delle proprietà organolettiche dei cereali. O come la germinazione assistita del grano, che rende più digeribili e assimilabili molte sostanze contenute nei chicchi, migliora la tenuta degli impasti e dà un sapore più dolce e un profumo più spiccato di grano.

 

Farine: come orientarsi tra le tante varietà in commercio - Ultima modifica: 2024-09-27T15:06:21+02:00 da Sabina Tavolieri

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