Confesso che un po’ invidio gli avventisti che vivono in Canada e negli Usa. E non solo perché hanno un riconosciuto stile di vita salutare (specialmente rispetto alla media Usa) che li porta ad avere un rischio minore di ammalarsi di diverse patologie. Ma anche perché, da circa vent’anni, la californiana Loma Linda University Health sta conducendo su quasi centomila di loro quella che è ampiamente riconosciuta come una delle più importanti ricerche che ha l’obiettivo di misurare il legame tra stile di vita, dieta, malattia e mortalità. Fornendo la più grande analisi in corso su scelte alimentari e sane abitudini di vita ma allo stesso tempo offrendo alla scienza un'opportunità per valutare come dieta e altre abitudini possano influenzare il rischio di sviluppare o meno molte malattie croniche. Per meglio dire, l’Adventist Health Study (AHS) non è uno ma una serie di progetti di ricerca medica a lungo termine. Tutti decisamente interessanti, ma quello di cui voglio parlarvi oggi riguarda solo la popolazione maschile.
Uno studio for men ma che interessa tutti
Da anni la ricerca scientifica si occupa dell’azione protettiva del licopene, uno degli antiossidanti più rappresentativi dei pomodori, appartenente alla grande famiglia dei carotenoidi. In particolare si ritiene che il licopene possa ridurre il rischio di tumore alla prostata. Per verificare questa associazione e in quali modalità, i ricercatori universitari hanno coinvolto una popolazione di quasi 28.000 avventisti. Tutti hanno dovuto compilare questionari sulla frequenza di consumo di circa 200 alimenti, bevande comprese, dando anche informazioni sulle dimensioni delle porzioni.
Come racconta l’epidemiologo della Loma Linda University, Gary Fraser, in un suo articolo per il World Cancer Research Fund, gli studiosi si sono concentrati sui livelli di assunzione del licopene, notando già da subito che chi consumava 5-6 volte alla settimana pomodori in conserva cotti presentava un rischio ridotto del 28% di cancro alla prostata rispetto agli uomini che non ne mangiavano mai. Un effetto che è risultato ancora più significativo anche dopo essere stato ripulito da potenziali fattori di confusione tra cui etnia, livelli di istruzione, obesità, attività fisica e consumo di alcol.
Non basta il pomodoro
“È interessante notare”, afferma lo studioso, "che non abbiamo trovato alcuna associazione significativa tra il cancro alla prostata e il consumo di pomodori crudi, salsa o succo di pomodoro.” In effetti è vero che tutti i pomodori e i prodotti derivati contengono licopene, ma già in passato altri studi avevano dimostrato che il licopene viene assorbito dall'organismo a velocità diverse a seconda del prodotto. E la biodisponibilità del licopene risulta maggiore quando i pomodori vengono riscaldati o cotti, soprattutto insieme all’olio.
La raccomandazione degli esperti
Insomma, questa ricerca suggerisce che i pomodori cotti hanno mostrato un’azione protettiva più significativa del tumore alla prostata. Mentre ancora non è del tutto chiaro se questo effetto sia dovuto al licopene o anche ad altri principi attivi presenti nella salsa di pomodori pelati cotti. Per fortuna, i ricercatori stanno cercando di capirlo: “Continueremo a esaminare i prodotti a base di pomodoro e il loro potenziale per ridurre il rischio di tumore alla prostata. Nel frattempo, gli uomini potrebbero prendere in considerazione l'aggiunta regolare di pomodori in conserva, e cotti, alla loro dieta”, conclude Fraser.
Le (mie) tre considerazioni finali
- Cuocere nell’olio i pomodori in conserva per noi italiani è un’abitudine già consolidata. E senza diventare ossessivi, risulta comunque utile il fatto di sapere che così facendo riusciamo ad assorbire meglio gli antiossidanti (che comunque non scompaiono se mangiamo i pomodori in altri modi). Quando, invece, ci interessano di più la vitamina C, sarà meglio mangiare i pomodori crudi in insalata e conditi con l’olio.
- Come sempre quando si parla di questo tipo di studi, bisogna sottolineare che essendo di tipo osservazionale si limitano a individuare le associazioni tra vari fattori (in questo caso pomodori e tumore alla prostata). Studi di popolazione che risultano utili perché coinvolgono migliaia di partecipanti ma che non possono individuare il rapporto causa-effetto come succede negli studi sperimentali. Meglio perciò non fare confusione: per avere il quadro completo e trovare tutte le risposte, occorreranno ulteriori sperimentazioni.
- La popolazione in questione è composta da avventisti americani e canadesi che, sebbene siano attenti alla qualità della loro dieta, hanno comunque abitudini e prodotti alimentari che differiscono da noi mediterranei. Sarebbe, perciò, molto interessante scoprire se la relazione tra sugo e tumore possa replicarsi in Italia. Magari qualcuno ci sta già lavorando...