Insieme a pane, pasta e pizza, le patate sono i primi alimenti che vengono ridotti drasticamente, se non eliminati, quando si sta attenti alle calorie. In effetti questi tuberi negli ultimi decenni sono stati sconsigliati a causa del loro indice glicemico alto che, però, varia molto a seconda delle varietà e di come vengono cucinate.
Se ben cucinate non aumentano il rischio
Ad affermare che non bisognerebbe temere le patate – se ben cucinate - è uno studio pubblicato su Current Developments in Nutrition che ha confermato il ruolo protettivo esercitato del consumo di ortaggi (patate escluse) sulla comparsa del diabete di tipo 2. Tuttavia, le patate bollite, meglio con la buccia, o cucinate in modo sano sono risultate neutre, quindi non associate a un rischio più elevato di ammalarsi. Se poi si mettono in tavola le patate novelle, che hanno un indice glicemico medio e si consumano sempre con la buccia, fonte di fibre, ancora meglio.
In frigo l’indice si abbassa
Oltre a cucinarle con la buccia o sceglierle novelle, c’è un altro modo per ridurre ulteriormente l’impatto sulla glicemia delle patate: mangiarle fredde, magari in insalata insieme a ortaggi ricchi di fibre. Come accade anche per la pasta, la conservazione delle patate in frigo dona loro una particolare gommosità. In effetti, durante la cottura l’amido si modifica e poi, quando viene raffreddato, le sue molecole sono obbligate a trovare una nuova organizzazione, in quanto i trattamenti termici hanno profondamente modificato quella originaria. E grazie a questo fenomeno, chiamato retrogradazione, l’amido dà vita a una struttura semicristallina che però diventa molto meno assimilabile. Il risultato è una assimilazione più graduale da parte dell’apparato digestivo, a tutto vantaggio del rialzo glicemico, che sarà molto più contenuto.