Vino fa buon “cervello”?


Premesso che  bisogna sempre bere con giudizio (secondo le linee guida un calice a pasto per le donne e al massimo due per gli uomini) e che il vino non è una medicina, già da tempo gli studiosi hanno scoperto che la moderata assunzione di vino può essere utile per ritardare l'insorgenza di disturbi cognitivi dovuti all'invecchiamento e alle malattie neurodegenerative come la malattia di Parkinson e di Alzheimer. E proprio alle capacità neuroprotettive esercitate dal vino è dedicato questo nuovo lavoro pubblicato su Frontiers in Nutrition.  Invece di indagare direttamente il vino, i ricercatori hanno studiato i composti che sono stati lasciati dalla bevanda una volta passata attraverso l'intestino, in altre parole i metaboliti del vino presenti nelle escrezioni. Per indagare l'effetto sui neuroni di questi composti, li hanno aggiunti alle cellule umane in condizioni di stress legato alle fasi iniziali di alcuni disturbi neurodegenerativi.
Hanno scoperto che i metaboliti non solo proteggono le cellule nervose dalla loro morte ma che sono attivi in diversi punti della cascata di segnalazione cellulare che sta portando la morte cellulare. Da segnalare che questo  effetto benefico dipende molto dalla composizione del microbiota intestinale, poiché è proprio la flora intestinale che riduce il vino nei diversi metaboliti. Un conclusione che sempre più rafforza l'importanza del microbioma sul nostro organismo e su quanto sia importante una dieta sana che lo mantenga in salute.

Vino fa buon “cervello”? - Ultima modifica: 2017-05-04T17:15:08+02:00 da Barbara Asprea
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