La sonochimica potrebbe essere a breve un termine ricorrente e famigliare anche nell’ambito dell’alimentazione della salute e della cucina in quanto la sua funzione positiva sui cibi sembra promettere interessanti sviluppi per altro anche molto piacevoli per l’orecchio umano.
Di per se si tratta di una branca della scienza che ha come oggetto lo studio e l’approfondimento dell’effetto diretto e indiretto delle onde sonore e delle risonanze sui corpi solidi di qualunque tipo e quindi di conseguenza anche sul comune cibo.
Tutto nasce da una curiosa sperimentazione portata avanti in Svizzera a opera di un casaro che ha voluto coinvolgere nella sua impresa i ricercatori dell’Hkb, l’Haute école des arts (Universita delle Arti) di Berna.
L’intento era appunto verificare se la musica e quale musica potesse avere un influenza sulla qualità finale delle forme di formaggio messe a riposare e stagionare in attesa del consumo.
L'ipotesi in apparenza ardita del casaro, classico produttore del diffuso Emmental, era che le vibrazioni musicali potessero in qualche modo influenzare il gusto dei formaggi durante la loro maturazione.
Con il rigore scientifico dei ricercatori si è avviata la curiosa sperimentazione e scelte otto forme di formaggio della medesima tipologia e appartenenti ad uno stesso lotto di produzione si è proceduto alla loro sistemazione in cassette di legno corredate con un diffusore acustico.
Ogni singolo diffusore emanava un diverso suono e non necessariamente musica, per comparazione infatti in alcune forme erano inondate solo delle emissioni di frequenze sonore, il tutto in maniera continuativa 24 ore al giorno per un ammontare totale di 120 giorni.
La musica invece spaziava da quella ambient, alla classica con Mozart, techno, rock con i Led Zeppelin e infine hip hop.
Finiti i 120 giorni i formaggi sono stati attentamente valutati in una degustazione alla cieca da un panel di degustatori professionisti insieme agli studiosi, al casaro e alcuni collaboratori del progetto.
Per maggiore attendibilità il test di verifica sensoriale è stato ripetuto due volte fornendo alla fine risultati praticamente identici e ha visto vincitore la forma di formaggio coccolata dalla musica hip-hop.
Ma quali sono stati i miglioramenti concreti che hanno portato a decretare un vincitore? Secondo il team che ha valutato il tutto il formaggio esposto alla musica hip-hop era eccezionalmente fruttato, con un gusto e un profumo unici ben distinti dagli altri campioni che comunque risultavano migliori rispetto alla stagionatura classica.
Dunque i batteri e i loro relativi enzimi responsabili della maturazione delle forme di formaggio sembrano amare intensamente la musica e in particolare un genere con ritmi e cadenze specifiche confermando indirettamente altri studi e sperimentazioni sul ruolo della musica nella produzione alimentare.
A questo punto possiamo seriamente pensare che anche nella realizzazione dei nostri piatti la musica possa avere un ruolo molto interessante, personalmente ci credo molto e vedrò nel mio piccolo di fare qualche sperimentazione mirata, voi cosa ne pensate a questo proposito?!
buongiorno Giuseppe,
sono molto affascinato dalle sperimentazioni che potrai effettuare con la tua esperienza nel campo. Dal canto mio, ho avuto già occasione di imbattermi in studi scientifici di meccano-biologia (se sei interessato, laboratorio di Biologia Molecolare del CNR di Bologna, prof. Carlo Ventura), studi che analizzano le vibrazioni emesse dalle cellule nei loro diversi stati e, viceversa, le vibrazioni (suoni, campi magnetici e luce, cioè colori) cui sottoporre le cellule per influenzarle. Si è indotta ad esempio la creazione di cellule cardiache influenzando cellule staminali con determinate frequenze. Si parla di medicina rigenerativa. Lo studio che citi in questo post verifica che anche le cellule dei batteri sono sensibili, quelli del formaggio e, direi, quindi anche quelli intestinali, cui accennavi nel tuo post precedente.
Nella cucina, ecco quindi che la musica migliora intanto la qualità di una materia prima. Direi che, se le cellule influenzabili sono quelle vive, allora la musica potrebbe influenzare le preparazioni soltanto utilizzando alimenti freschissimi, con trattamenti veloci e “delicati” (poco calore). Riesco ad immaginarmi buonissime insalate, altro non azzardo.
grazie e a presto
michele
Buonasera Michele,
grazie veramente per i tuoi contributi che trovo molto interessanti e utili, sono occasioni di riflessione profonda e sicuramente vale la pena di approfondire ancora di più, il tuo link è già prezioso!
Sono pienamente d’accordo sulla necessità di una materia prima “viva” e quindi molto fresca e sicuramente possiamo andare molto oltre le insalate con il cibo giusto, ma direi anche che, il caso del formaggio lo insegna bene, elementi vivi possono rimanere anche in un prodotto non più fresco, ma lavorato e assemblato da mani sagge; potremmo citare come banale esempio della verdura fermentata dove qualcosa di vivo e tangibile lavora continuamente al suo miglioramento organolettico e la musica qui chissà quali interessanti effetti potrebbe avere proprio come è avvenuto con il formaggio. Forse azzardiamo, ma solo così si possono scoprire nuove frontiere ed è per questo che l’esperimento svizzero mi è piaciuto molto se non altro come traccia da percorrere per obbiettivi futuri intriganti.
Ancora grazie e a presto.
Giuseppe