Sulla questione di come vanno conservati i pomodori c’è da sempre una divergenza di opinioni e vedute, i più si basano sulla tradizione, sull’esperienza personale sui consigli di chi magari coltiva i pomodori da sempre e ne conosce intimamente i segreti.
D'altra parte però c’è anche chi dal punto di vista scientifico e chimico ha voluto sperimentare e verificare realmente con successivi esami i parametri di modificazione che avvengono quando i pomodori sono lasciati a temperatura ambiente piuttosto di quando vengono messi in frigorifero.
Istintivamente è comprensibile che si pensi al frigorifero come luogo di elezione della conservazione dei pomodori e altri prodotti vegetali, almeno nella nostra visione moderna in cui le informazioni che riceviamo ci spingono sempre più a supporre che sia il freddo il mezzo migliore di conservazione in generale.
Ma appunto come dicevo ci sono studiosi autorevoli che sottolineano con convinzione come sia la temperatura normale ambiente quella migliore per la loro conservazione, che sarà si minore, ma certamente più funzionale a sviluppare meglio i sapori e i contenuti nutrizionali.
Eppure il dubbio continua a rimanere anche perché credo che ognuno personalmente avrà verificato esiti differenti in base ai due metodi opposti scelti.
È probabile che il tutto sia alimentato dal fatto di considerare il pomodoro come prodotto univoco e uguale sempre, mentre come succede per tutte le tipologie di ortaggi può differenziarsi molto in base alla varietà e presumibilmente anche alle condizioni ambientali e geografiche.
Conferma, almeno in parte, questa mia riflessione una ricerca chiamata “Flavor-related quality attributes of ripe tomatoes are not significantly affected under two common household conditions” e portata avanti dall’Università tedesca di Göttingen.
Nel lungo nome dato allo studio si evidenzia in sintesi come “gli attributi di qualità relativi al sapore dei pomodori maturi non vengono influenzati in modo tangibile dalle due diverse modalità di conservazione domestica” specificando poi nei dettagli i motivi.
Si è per prima cosa partiti scegliendo due varietà di pomodori differenti come ceppo di origine e tre cultivar ben presenti sul mercato da queste derivate.
La raccolta dei pomodori è avvenuta sempre al giusto grado di maturazione, in seguito tutti i campioni sono stati conservati con lo stesso schema: un giorno a 12,5 gradi, due giorni a 20 e infine 4 giorni a 7 oppure come alternativa a 20 gradi.
In seguito un gruppo selezionato di assaggiatori professionali ha eseguito una prova mirata di assaggio e degustazione prendendo in considerazione la consistenza della polpa e della relativa buccia, il grado di dolcezza percepito al palato, la sugosità e l’acidità prevalente.
Il risultato ha spiazzato gli stessi ricercatori in quanto i giudizi finali hanno evidenziato come le differenze organolettiche tra i due metodi di conservazione (frutti conservati a 20° C o 7 ° C per 4 giorni) erano praticamente inesistenti.
Inoltre anche le concentrazioni chimiche delle sostanze volatili più importanti e le concentrazioni di fruttosio e glucosio registravano variazioni ininfluenti.
Un primo dato importante che emerge quindi, con la dovuta premessa che un singolo studio non può dare una risposta certa e definitiva, è che una temperatura di conservazione di 7 gradi tipica del comparto della verdura in frigorifero non danneggia più di tanto la qualità dei pomodori.
Allo stesso tempo però è risultato chiaro che il tutto dipende anche dalla varietà e cultivar che possono essere di volta in volta conservate e tenendo conto che sono molte come molte sono le condizioni climatiche locali non necessariamente queste conclusioni possono rivelarsi esatte!