E’ quello che praticano nell’Azienda vitivinicola biologica Castello di Stefanago, nell’Oltrepo Pavese. Un’attività secondaria, connessa a quelle principali dell’azienda – il vino e l’agriturismo – ma che è lo stesso occasione di sperimentazione di un sistema di allevamento non scontato nemmeno fra gli allevatori biologici. Ne parliamo con Jacopo Baruffaldi
Costruito fra l’XI e il XIV secolo, il Castello di Stefanago, sulle colline dell’Oltrepo Pavese è diventato proprietà della famiglia Baruffaldi nel 1870 ed è oggi parte integrante dell’Azienda vitivinicola biologica che dal Castello stesso prende il nome e di cui sono titolari i fratelli Antonio e Giacomo. La produzione di vino, con i 18 ettari di vigneti, su 135 ettari di territorio aziendale, è l’attività principale. Le antiche cantine del Castello sono un luogo ideale per affinare i vini, ma anche per degustarli insieme a formaggi, dolci e, in particolare, salumi provenienti dall’allevamento brado di maiali. Di quest’attività parliamo con Jacopo Baruffaldi, figlio di Giacomo.
“La nostra azienda – racconta - è entrata nel sistema di controllo e certificazione del biologico nel 1998, ma il metodo agricolo era già applicato prima. Così l’allevamento suino è nato in partenza con queste caratteristiche. In un recinto di tre ettari che potrebbe contenere un centinaio di animali noi ne teniamo al massimo venti. Così invece di 300 metri quadri a individuo ne hanno 1500. In questo spazio ci sono una radura, un boschetto e un laghetto artificiale, alimentato da una sorgente, al quale si abbeverano. La parte a bosco è ampia ma non fitta e questo è importante perché ci consente un controllo a vista degli animali. Poi ci sono due ricoveri e una mangiatoia”.
Quello che trovano da mangiare sul terreno è sufficiente?
No, non basta e lo integriamo con mais, orzo e piselli biologici prodotti da noi. Nei mesi più favorevoli, primavera ed estate, il rapporto è 50-50, in autunno può arrivare a 70-30 a favore dell’integrazione. Normalmente gli animali vivono bradi fino al giorno della macellazione, senza passare dalla stabulazione per il ‘finissaggio’. Così, essendo animali che si muovono molto, i salumi che se ne ricavano sono caratterizzati dalla presenza di poco grasso naturale prodotto dagli animali per via del freddo. Ed è solo nelle annate particolarmente fredde che ricoveriamo gli animali un po’ prima della macellazione.
I maiali rovinano molto il terreno nel quale pascolano, come fate?
La densità dei nostri maiali nel recinto è molto inferiore a quella che potrebbe essere, di conseguenza hanno talmente tanto spazio che il problema non si pone. Poi, fra la macellazione che si fa a dicembre, e l’inserimento dei nuovi a maggio, c’è abbastanza tempo perché terreno e vegetazioni si possano riprendere.
Quali problemi pone la gestione di un allevamento di questo tipo?
Se si ha a disposizione un terreno abbastanza grande, problemi particolari non ce ne sono. Sicuramente è più problematica la gestione di un allevamento a stabulazione fissa. I nostri animali stanno bene e vivono in condizioni ideali sia per loro stessi sia per noi. Il momento più difficile è quando bisogna portarli fuori dal recinto per la macellazione. Catturarli dopo sette-otto mesi di vita brada non è facile… Dobbiamo attirarli con il cibo uno a uno e “convincerli” a salire sulla passerella che li fa arrivare nel rimorchio che li porterà al macello. A fare questo lavoro dobbiamo sempre essere in quattro-cinque persone.
E se stanno male e hanno bisogna di cure?
Gli animali sono abituati a mangiare sempre alla stessa ora, lo sanno e a quell’ora vengono tutti o quasi. Quello è il momento ideale per un controllo nostro e, periodicamente, del veterinario e una prima idea ce la si fa anche solo guardando l’animale: se non mangia, se zoppica, se ha comportamenti particolari ecc. Se qualche sintomo lo rendesse necessario, l’animale sarebbe catturato sempre con l’aiuto del cibo, ma finora non è mai successo.
Che razza allevate?
Ultimamente utilizziamo un incrocio fra la classica Large White e una vecchia razza un tempo diffusa nel bergamasco, la Pink. La prima garantisce la resa, essendo una delle più rinomate per questo. La seconda, invece, è più rustica e garantisce una maggiore adattabilità alle condizioni dell’allevamento brado. Purtroppo, finora non siamo riusciti ad approviggionarci di suinetti da allevamenti bradi, li acquistiamo da un allevamento a stabulazione fissa. Arrivano da noi che hanno circa sei mesi e pesano 100-120 chili, quado li togliamo dal recinto hanno superato l’anno di età e pesano 220-240 chili.
I gruppi di suini che mettete nel recinto hanno una composizione particolare?
Sono tutti maschi castrati che preferiamo per due motivi: innanzi tutto perché le femmine attirerebbero i cinghiali che, per raggiungerle distruggerebbero il recinto. Poi prima della macellazione dovremmo controllare che non siano in estro e non macellare quelle che lo sono, la loro carne, infatti, sarebbe di qualità inferiore.
Quali prodotti ricavate dalla lavorazione della carne?
La macellazione degli animali si fa all’esterno dell’azienda, al contrario della lavorazione che invece si fa nel laboratorio aziendale. Tutta la carne viene lavorata per produrre diverse varietà di salami, coppa e pancetta. Prosciutti non ne facciamo perché nella nostra zona non verrebbero bene a causa dell’eccessiva umidità. Quasi tutta la produzione è consumato dalle persone che visitano l’enoteca o che partecipano agli eventi che si svolgono nel Castello, oltre che dagli ospiti del nostro agriturismo, La Cascina Boatta.