E’ la conclusione di un recente studio pubblicato da Basic and Applied Ecology che si era proposto di capire come l’uso dell’agrochimica, la gestione delle acque e la meccanizzazione riducono la biodiversità nelle coltivazioni convenzionali di riso e se le tecniche di coltivazione biologica possono offrire una soluzione
Un recente studio pubblicato da Basic and Applied Ecology ha cercato di capire come l’uso dell’agrochimica, la gestione delle acque e la meccanizzazione riducono la biodiversità nelle coltivazioni convenzionali di riso e se le tecniche di coltivazione biologica possono offrire una soluzione. Ne riferisce The Organic Center.
Per realizzare questo studio i ricercatori hanno misurato la ricchezza di specie e l’abbondanza di ciascuna di esse in campi di riso convenzionali e biologici, ma anche in stagni naturali, aspettandosi che questi ultimi avessero la maggiore biodiversità essendo il loro habitat indisturbato. La biodiversità di ciascuno dei tre habitat è stato messo a confronto in quattro esempi di ciascun habitat. Come previsto, i risultati hanno mostrato che gli stagni naturali avevano il livello più elevato di biodiversità. Sebbene i campi convenzionali e quelli biologici non differissero in modo significativo nel numero di esemplari di ciascuna specie, molte delle specie raccolte nei campi di riso biologico sono state trovate solo negli stagni naturali e non in quelli convenzionali, suggerendo che i campi di riso biologico favoriscono un insieme più naturale di organismi. Per di più, i macroinvertebrati tipicamente rinvenuti negli stagni e nei campi biologici, ma non in quelli convenzionali, erano predatori naturali. “I nostri risultati – scrivono i ricercatori - dovrebbero essere visti come un incentivo per produzioni sostenibili con un minore impatto sull’ambiente”. (Trad. Franco Travaglini)