Una passione per i motori che cresce di pari passo con l’amore per la buona tavola e la vigna di famiglia. È la doppia vita del nostro pilota di Formula uno, Jarno Trulli
Ma che fatica si farà mai a guidare, anche un bolide lanciato a trecento all’ora? Era una domanda che mi frullava per la testa mentre mi recavo all’appuntamento con Jarno Trulli a Monza. La simpatica e lunga chiacchierata col nostro pilota di Formula uno mi ha però aperto gli occhi su tante cose. Innanzitutto mi ha fatto capire che stare imprigionato in un bolide non comporta solo premere pedali e sterzare il volante, ma uno straordinario dispendio energetico sia fisico sia mentale, che richiede per l’organismo un “carburante” di eccellente qualità come quello per il motore. E poi Jarno mi ha spiazzato con la sua cultura enogastronomica, davvero notevole, dandomi una lezione accademica di enologia: le botti, l’invecchiamento, la coltivazione biologica, Auto da corsa e buoni vini biologici le bottiglie… Tutto si spiega: negli ultimi anni divide il tempo che gli lasciano i motori tra la sua famiglia e il suo Podere Castorani in cui si producono ottimi vini abruzzesi, tra i quali uno tenuto a battesimo da lui, Jarno appunto, di cui è orgogliosissimo.
Jarno, come nasce un pilota buongustaio?
Nasce mangiando fin da piccolo cibi buoni e autentici e credo che a questo abbia contribuito molto la “cultura del mangiar bene” della mia regione, l’Abruzzo. Mangiare bene per noi abruzzesi non è tanto andare al ristorante quanto cucinare a casa con cura ingredienti di prima qualità di cui si conosce la provenienza. E sento profondamente che la nostra qualità di vita dipende in grandissima parte dalla bontà del cibo che mangiamo, dalla freschezza degli ingredienti, dalla sapienza con cui vengono cucinati: dedicare tempo e attenzione a tutto ciò è oggi, secondo me, la miglior cura di sé e la miglior “coccola” che ci si possa concedere. Il mio più grande choc quando ho iniziato a girare il mondo è stato proprio quello alimentare: come in Italia non si mangia da nessuna parte! Anche ora che vivo con mia moglie e i miei bambini a Lugano, olio, vino, pomodori e verdura arrivano direttamente da Pescara, e anche la pasta: abbiamo un amico che ha un pastificio in cui ha mantenuto vive tutte le antiche tradizioni e ha innovato le trafile per la
pasta costruendone una addirittura in oro. Sarò anche “viziato”, ma mangio la pasta solo se è di prima qualità: certo non quando andiamo negli Stati Uniti, dove facciamo la spesa scegliendo i migliori prodotti locali, riuscendo anche a mangiare discretamente.
Non tutti, purtroppo, possono permettersi solo cibo di qualità eccellente
Questo è vero, ma noto che molte persone quando hanno difficoltà economiche risparmiano innanzitutto sul cibo e magari non resistono al cellulare di ultima generazione, mentre secondo me non bisognerebbe risparmiare su alcuni alimenti basilari per la nostra salute, come ad esempio l’olio. Purtroppo c’è chi non è in grado di capire se un alimento è davvero genuino perché non ha termini di paragone e ha mangiato sempre cibo molto manipolato: i miei bambini, che hanno quattro anni e mezzo e sei, distinguono perfettamente la passata di pomodoro fatta da noi in campagna da quella industriale. Credo sia importante informarsi, essere curiosi, capire: ad esempio, la carne svizzera mi piace di quella italiana per il semplice fatto che loro la fanno frollare a lungo e non grazie a una particolare superiorità della materia prima.
Quando giri il mondo per le gare automobilistiche riesci a mangiare come vuoi?
Non sempre. Si spendono tanti soldi per apparire ma la sostanza del cibo non è sempre eccellente, anche per la difficoltà di reperire buone materie prime sul luogo. Ho l’impressione che manchi proprio la cultura del mangiar bene e poi i catering non sono certo italiani. Eppure guidare in Formula uno è faticosissimo e devi avere un’alimentazione adeguata, come quella di un atleta. Io sono convinto che mi faccia bene quello che mi piace, anche perché sono abituato a un’alimentazione sana e non seguo sempre le regole: ad esempio faccio una colazione dolce, tradizionale italiana, che magari non è “da manuale”, ma sto bene così. E visto che mi alleno molto, la mia dieta di tutti i giorni non è così differente da quando faccio le gare, con le dovute modifiche.
Come ti alimenti prima delle gare?
Il venerdì mattina iniziano le prove alle dieci e io faccio colazione alle sette e mezza, appena arrivo: latte e biscotti secchi, in modo da avere due ore per digerire. Quindi massaggio di riscaldamento, un’ora e mezza di prove in macchina, riunione e poi una pausa di due ore, durante le quali mi rilasso, bevo molti liquidi rimineralizzanti, ma mangio pochissimo, al massimo una barretta energetica. Poi altre due ore di prove libere, altre riunioni e tempo dedicato ai media, fino alle sei. Infine la cena, che per lo più si consuma insieme ai colleghi. Fuori dalle gare, in genere, alla sera non mangio pasta, ma in occasione del Gran premio me la concedo se ne sento la necessità. E se posso mangio la pizza, che adoro! In ogni caso in un weekend di gara arriviamo a perdere anche tre chili.
Quanta energia! Eppure guidando non si fa movimento, anche se capisco lo stress…
Anche se non siamo a livelli di chi fa atletica, guidare in Formula uno è molto più duro di quanto si possa immaginare: io mi alleno ogni giorno parecchie ore, regolarmente, perché nelle nostre auto non si è “seduti”, ma sballottati da tutte le parti e devi avere i muscoli allenati e tonici. La parte superiore del corpo, le braccia, il collo, lavorano moltissimo, e anche le gambe, che devono frenare, accelerare e “sentire” il motore. Noi piloti arriviamo a frequenze cardiache che non vengono raggiunte in nessun altro sport: possiamo sfiorare anche una media di centottanta battiti al minuto per l’ora e mezza di gara, sia per lo stress fisico sia per quello mentale. Siamo insomma atleti “speciali” ma ben allenati, tanto che se ci cimentiamo in altri sport facciamo sempre bella figura. E in tutto questo la buona alimentazione è importante quanto la benzina delle auto!
Ma quando sei nella tua azienda agricola in mezzo alle vigne, ti rilassi?
Certamente. Il Podere Castorani si trova in Abruzzo, che è la seconda regione produttrice di uve in Italia, ed è stato rilevato dieci anni fa da mio padre, appassionato e studioso di enologia, come già mio nonno, che faceva il vino. Siamo partiti da zero, perché le vigne, che esistevano da trentacinque anni, non erano più produttive: abbiamo ripiantato dei vigneti di montepulciano d’Abruzzo e di trebbiano, di malvasia, ma anche di pecorino, poco conosciuto, con cui si fa un ottimo vino bianco, di cococciola, di passerina, piccoli vitigni Doc della zona. Tutte le nostre vigne e le cantine sono certificati biologici, così come alcuni dei vini. Ma, certificazione a parte, per capire se una vigna è bio basta guardare il terreno: se alla base vi cresce l’erba è bio, perché se si mettono dei pesticidi c’è solo terra.
Quale impegno in più comporta il biologico?
Comporta più cura e una scelta ristretta di trattamenti, anche se incide molto la collocazione geografica: per fortuna noi siamo a trenta chilometri dal mare e a trecento metri d’altitudine, dove è più facile coltivare biologico perché ci sono meno agenti nocivi per le piante rispetto alla costa. La scelta biologica è per me quella del futuro, per la salute dell’ambiente e delle persone. Da noi facciamo ancora la vendemmia a mano, anche perché i nostri filari sono “a capanno” e non ci si può entrare con le macchine. La cultura del capanno è tipica dell’Abruzzo, antichissima, ed è stata inventata per proteggere l’uva dagli agenti atmosferici come la forte pioggia o la grandine, ma anche dal sole, che da noi può essere molto intenso.
E tu come partecipi all’azienda?
Non certo come tecnico, ma aiuto mio padre a promuovere il prodotto nel mondo e a dare indicazioni sulle richieste dei vari Paesi, da chi cerca soprattutto il prezzo contenuto a chi pretende invece la qualità migliore. Il prezzo e l’importanza del vino dipendono dall’età della vite, dal materiale delle botti, dalla vinificazione, dall’invecchiamento, dalla bottiglia, dall’etichetta: i vini più economici sono semplicemente meno invecchiati, più leggeri e con bottiglie e tappi meno importanti, ma comunque tutti di buona qualità. E il prezzo per il nostro vino top, che si chiama appunto Jarno, e che è stato paragonato a grandi vini, arriva comunque a 25 euro.
Un pensiero conclusivo
Vorrei incentivare gli italiani a valorizzare e preservare di più il nostro immenso patrimonio alimentare, combattendo contro le falsificazioni, perché non c’è altro Paese al mondo che abbia la nostra qualità e varietà di cibo.