Nei libri di Andrea Vitali, medico e scrittore, il cibo è sempre presente a rievocare figure importanti della sua infanzia, e a far riflettere su come oggi si produce. Tema che lo impegna in prima persona...
Tante storie già pronte che aspettano solo di essere messe nero su bianco: una tentazione troppo forte per un giovane medico che ha da sempre avuto il pallino della scrittura. La prima storia “rubata e scritta su carta”, ad Andrea Vitali l’aveva raccontata il padre, quel padre che aveva stroncato sul nascere la sua carriera di giornalista. Le altre seguono a un ritmo frenetico, tanto da trasformare il medico in scrittore. Che comunque, benché non più a titolo istituzionale, continua a essere consultato dalle tante persone che fino a pochi mesi fa affollavano il suo ambulatorio a Bellano, dove sono ambientati i suoi romanzi. Lo incontro in un evento pubblico, davanti a una montagna di copie di "Biglietto signorina", il suo ultimo libro, che deve autografare.
I tuoi libri parlano di vita quotidiana e quindi anche di cibo
A.V. Il libro che evoca immediatamente il cibo è Le tre minestre: rappresentano le mie vere zie paterne, Cristina, Colomba e Paola, che hanno allevato me e i miei fratelli dopo la morte della mamma e che sono state figure centrali nella mia vita. Io le chiamavo “minestre” perché per loro il minestrone era sacro, ma io lo odiavo già dall’odore, che collegavo al collegio, alla costrizione, alla fine della vacanza. Poi piano piano ho iniziato ad amarlo e credo che la “strada del minestrone” sia un lento avvicinamento alla maturità e alla saggezza alimentare: quando inizi ad apprezzare questo piatto, e con esso tutte le verdure e gli alimenti semplici, vuol dire che stai im- parando a dare ascolto al tuo fisico e la smetti di rimpinzarti di schifezze.
Sei genitore, come è andata dal punto di vista alimentare con tuo figlio
Domenico?
A.V. Malissimo! Ho provato insieme a sua madre a proporre un’alimentazione cor- retta, ma poi ho ceduto le armi: ora che ha diciotto anni, a lui e ai suoi sodali piacciono pizza e kebab e mi sono reso conto che l’influenza del gruppo amicale è molto più forte di quella familiare. Ma attendo con fiducia che arrivi il momento della saturazione e che imbocchi la “strada del minestrone” e della maturità.
Cosa pensi dei piccoli coltivatori-allevatori locali?
A.V. Stanno sparendo: questo è un vero dramma e mi sono reso conto che è correlato a un decadimento culturale e di stile di vita generale. Nelle piccole aziende agricole si ricicla tutto, evitando il vergognoso spreco che caratterizza il nostro tempo. Io quando ero ragazzo andavo col veterinario a fare le vaccinazioni alle vacche, ma negli anni settanta hanno iniziato a diminuire e ora di stalle non ce n’è più nemmeno una. Le mie tre zie avevano due vacche ed ero io stesso a mungerle e a portare il latte ai clienti. Mio fratello e io passavamo le estati a rivoltare il fieno e a spalare letame, e non in barca a vela! Poi le zie avevano l’orto, le galline e le vigne, che producevano un vino nostrano. Ora anche le vigne sono sparite e avanza il bosco, che ha invaso tutto.
Sei riuscito a fare qualcosa contro questo degrado?
A.V. Ho un orto, che ho ripreso a coltivare dopo aver cessato la mia attività di medico di base nell’ottobre del 2013. È un orto che si trova in un terreno che i vecchi proprietari volevano vendere come edilizio per costruirvi delle case e che io sono molto orgoglioso e soddisfatto di aver salvato dalla cementificazione, pagandolo salato come terreno edilizio e dopo estenuanti trattative. Ora questo terreno è in parte bosco e in parte orto, che curo personalmente nel modo più naturale possibile.
E il dottor Vitali che fine ha fatto?
A.V. È finito a dare “consulenze” assolutamente gratuite a concittadini e conoscenti, ma faccio anche volontariato in una comunità psichiatrica dell’alta Val Seriana, in un ex sanatorio.
Agricoltura bio: un tuo parere
A.V. Il mio parere è sicuramente positivo, ma mi fa sorridere che la si voglia far passare come una “scoperta”, quando fino a poco fa l’agricoltura era tutta biologica, perché così deve essere in natura.
Un’idea per far rivivere i piccoli produttori
A.V. Copiare la Svizzera, dove vengono finanziati anche i piccoli coltivi di montagna: la produzione è ridotta ma di altissima qualità. Io ogni tanto riesco a comprare le patate che fanno a Esino, un paese sul lago. Hanno una coltivazione limitatissima, ma quando assaggi quella patate non riesci più a mangiarne altre.
Un pensiero per i nostri lettori...
A.V. Voglio lanciare un invito a piantare e coltivare qualcosa, anche sul balcone di città. E seguire con lo stupore di un bambino il primo germoglio che si gonfia e poi buca la terra.