Arrivata alla ribalta come giudice nella settima edizione di Masterchef Italia, Antonia Klugmann è una donna di carattere, con alle spalle studi di giurisprudenza e tanta tanta voglia di cucinare
Gli studi che hai fatto sono serviti nel tuo percorso di chef?
Lo studio, anche teorico, serve sempre e i miei studi classici e di giurisprudenza sono parte di me. Il latino, il greco, la filosofia insegnano un metodo e questo è importante anche per chi fa il cuoco, che ricerca ed è sempre in movimento, riflette e si mette in discussione. D’altro canto ho poi imparato sulla mia pelle che lavorare con le mani, come nel mio mestiere, richiede altre capacità che non dipendono tanto dagli insegnanti ma dall’abilità personale. E trovo che questo sia fantastico.
Che cosa ti ha fatto passare dalle leggi ai fornelli?
Stavo cercando qualcosa che mi rendesse felice consentendomi di esprimere la mia parte creativa. Sono convinta che si possa essere dei cuochi bravi e contenti rivisitando la cucina tradizionale anche in una piccola trattoria. Mettere insieme qualità e creatività è un lungo percorso che sto cercando di seguire ogni giorno.
Nella tua cucina troviamo tante erbe spontanee
Mi piace osservarle, studiarle e raccoglierle. Chi conosce le erbe spontanee si pone in un atteggiamento di rispetto, ascolto e umiltà verso la natura. Queste piante hanno dei sapori straordinari ma bisogna imparare a cucinarle. Hanno sfamato per secoli le persone e, nelle tradizioni locali, è ancora molto viva questa sapienza. Sono innamorata della borragine, che consiglio di consumare non solo bollita nei ripieni tradizionali, ma di provarla in tutte le sue sfumature, cruda, essiccata, foglie e fiori.
Alimenti pregiati e buona cucina, cosa mi dici?
Dipende da che cosa si intende per prodotti pregiati: per me lo sono gli ortaggi freschi e di stagione, o i prodotti raccolti in quel certo campo in quella particolare situazione. Prezioso non è certo ciò che è costoso, ma un frutto o una verdura che trovo solo in determinati momenti in un certo luogo. È questo per me il lusso!
Il silenzio nella creazione culinaria: una forma di meditazione?
Per essere creativi bisogna far silenzio, e non intendo solo quello acustico, ma anche e soprattutto l’eliminazione di tutti gli stimoli della quotidianità che ti trascina in un vortice continuo: immagini, incombenze, aspettative, emozioni. Sbucciare un quintale di piselli libera molto la mente. Quando sono in cucina riesco a essere semplicemente “sul pezzo” senza pensare ad altro.
Molte persone comprano al minimo prezzo cose già pronte
Sarebbe importante che noi cuochi facessimo capire che si può cucinare bene anche in poco tempo e con ingredienti semplici, soprattutto in Italia dove abbiamo eccellenti tradizioni: basta scottare delle cime di rapa e condirle con peperoncino e olio buono e accompagnarle con buon pane e formaggio! Si possono preparare piatti buoni anche per due o tre giorni, risparmiando tempo e non sprecando. Lo spreco è davvero volgare, mentre imparare a non sprecare, ed essere sobri, è poesia.
Territorio e cucina, cosa ne pensi?
Come non potrebbero essermi cari, essendo di Trieste, città che da secoli è un mix di popoli? E non si tratta di fusion, ma di culture che hanno sempre coesistito e si sono influenzate tra loro, perché la città ha accolto sempre tutti: turchi, arabi, ortodossi, ebrei, croati, sloveni, tedeschi. Per secoli popoli diversi hanno portato il loro contributo creando la cucina triestina. Un piatto emblematico è, ad esempio, la jota, una zuppa di fagioli, crauti e patate.
Hai un desiderio o un progetto di cui vuoi parlarci?
Non ho un desiderio in particolare, ma sicuramente mi auguro che tutti i locali, dalla piccola trattoria di paese al grande ristorante, che lavorano con fatica per garantire qualità, abbiano tanti clienti curiosi di condividere esperienze e sapori.