Gianrico Carofiglio lascia il banco da magistrato per la carriera di scrittore, conservando però nei suoi libri un forte senso di giustizia, a iniziare dalla tavola
È il 2002 quando arriva in libreria un nuovo personaggio: l’avvocato Guido Guerrieri, protagonista di Testimone inconsapevole, romanzo che apre il filone del thriller legale italiano. Seguiranno altri libri con le vicende umane e professionali dell’avvocato Guerrieri, e il loro grande successo porterà l’autore a lasciare definitivamente il suo lavoro di magistrato per dedicarsi all’attività di scrittore, oltre che di politico, anche se il mondo della giustizia sarà sempre basilare nella scrittura di tanti suoi romanzi. L’autore in questione, molti lettori l’avranno già capito, è Gianrico Carofiglio, che siamo molto lieti d’intervistare per parlare, come sempre, di cibo e di tutto ciò che gli ruota intorno, passando ovviamente dai racconti d’infanzia a grosse questioni etiche.
Nel libro La casa nel bosco si parla molto di sapori: ce li racconta?
Il libro è partito dall’idea di rievocare una stagione della vita attraverso le emozioni e i sapori, alcuni dei quali perduti perché legati a quell’epoca. Mio fratello e io abbiamo cercato di ricordare il luogo delle nostre vacanze dell’infanzia, luogo fisico, ma soprattutto luogo della coscienza, punteggiato da tanti elementi tra cui appunto i sapori e i profumi. Mi viene in mente ad esempio la cialledda, omologo pugliese della panzanella toscana, che si prepara col pane secco o le frise, la cipolla rossa di Acquaviva, i pomodori, i cetrioli e anche altri ingredienti: sono passati tanti anni, ma per me la cialledda è sempre quella che preparavano i miei genitori. E tra i sapori perduti ricordo, invece, una specie di caciocavallo leggermente bucherellato che compravamo in un caseificio lì vicino e che non ho mai più assaggiato. Mentre la pasta al forno, estiva e leggera, senza carne, continua ad accompagnarmi da allora.
E negli altri suoi romanzi, come entrano il cibo e la cucina?
Devo dire che trovo davvero stucchevole l’abuso di riferimenti gastronomici che alcuni scrittori fanno per riempire le pagine anche quando non c’è una vera ragione per parlarne. Quando però il cibo ha un reale ruolo nella narrativa mi piace descriverlo anche nei più sottili particolari, riportando delle ricette, come ad esempio quella degli spaghetti “alla fumo negli occhi” di Ragionevoli dubbi. Si chiama così perché si tratta di una ricetta facilissima ma molto gustosa che dà l’impressione di essere più elaborata di quanto non sia effettivamente.
Le capita di farsi un quadro di una persona da come mangia?
Sicuramente. L’approccio con il cibo è uno dei più significativi per definire un carattere. Ad esempio non trovo seducente una donna che ha un controllo ossessivo della dieta, mentre la trovo sexy se mangia con gusto e se si muove con efficacia in cucina e riesce a improvvisare velocemente un pranzo.
Com’è Gianrico Carofiglio a tavola, in cucina e mentre fa la spesa?
Non sono un gran cuoco ma me la cavo, soprattutto con i primi e qualche dolce. Non lo faccio spesso ma trovo che cucinare sia rilassante. Riguardo alle scelte alimentari, mangio sempre meno carne, per tantissime ragioni sia etiche che salutari, mentre amo il pesce, soprattutto crudo, e sto aumentando l’uso dei legumi. Ho anche smesso di assaggiare il fois gras, vista l’alimentazione forzata a cui vengono sottoposte le oche per avere questo prodotto. Mi piace anche far la spesa nei negozi biologici, dove mi diverto a scoprire cibi per me nuovi. Come il seitan, che mi piace molto. E cerco di comprare il più possibile a chilometro zero, sia per avere alimenti freschi, sia per sentirmi a posto con la coscienza. E per i prodotti come banane, caffè, cioccolato mi rivolgo al mercato equo e solidale.
Parliamo di giustizia e di cibo
È ormai indubbio che al mondo ci sarebbe cibo per tutti e la malnutrizione è una vergogna dell’umanità. Questo dipende innanzitutto da una poca attenzione della parte ricca del mondo rispetto ai temi della sobrietà e dello spreco. Anche noi possiamo fare qualcosa: ad esempio sostenere le Organizzazioni non governative che operano nei paesi sottonutriti, adottare uno stile di vita più sobrio e non sprecare: se questo diventa patrimonio comune, acquista un carattere sistemico e ha sicuramente delle conseguenze anche sulla malnutrizione di Paesi lontani. Dobbiamo essere consci del fatto che avere cibo disponibile è un privilegio.
Che cosa le manca del suo lavoro di magistrato?
Direi la parte investigativa, che ora farei anche gratis, mentre sono ben lieto di essermi liberato della routine, dei fascicoli pendenti e di tutta la parte burocratica.
Che tipo di scrittore è riguardo a ritmi e abitudini?
Non ho regole, posso scrivere tutto il giorno o solo qualche ora o per nulla. Se non riesco a lavorare e devo tirarmi su ricorro a varie gratificazioni. Fra queste il cioccolato. Mi piace fondente, liscio o con le nocciole. Da quando mi hanno detto che fa bene tendo ad abbondare senza sensi di colpa.
Il suo ultimo lavoro?
All’inizio di settembre è uscito un piccolo saggio dal titolo Con parole precise di Laterza sulla scrittura civile, sull’importanza, direi sul dovere - soprattutto per chi esercita il potere - di parlare e scrivere chiaro. È un tema cui tengo molto.
Un pensiero che vuole condividere con i nostri lettori
Credo che lo spunto più interessante di questa nostra conversazione sia quello relativo allo spreco e alla sobrietà. Sono temi di cui dovremmo diventare tutti più consapevoli, per il nostro equilibrio personale e per immaginare insieme un mondo più giusto.
Foto di: Francesco Carofiglio